Mariateresa Conti
da Palermo
Chi, indagando sul caso, ha visto le immagini, è rimasto sconvolto: bimbe piccole, di quattro, cinque, massimo otto anni seviziate, torturate, stuprate. Un orrore indescrivibile, intollerabile. Un orrore disumano che invece costituiva il diletto di quasi 200 persone, tutti uomini di età media e di varia estrazione sociale. Tra loro, alcuni insospettabili: tre preti, un assistente sociale, amministratori pubblici quali un sindaco e un assessore.
Ha contorni inauditi il blitz «Video prive» promosso dalla Procura di Siracusa e sfociato in una miriade di perquisizioni, in sequestro di materiale pedopornografico scaricato da internet e in 186 denunce. Sono ben 16 le regioni italiane coinvolte nell'inchiesta, in pratica la quasi totalità del Paese. L'indagine, partita grazie alla denuncia dell'associazione Telefono Arcobaleno, è durata quasi un anno. I controlli sono stati effettuati dal Nucleo investigativo telematico. Raccapricciante l'esito. Nei computer degli indagati è stato trovato materiale davvero sconvolgente. E sembra davvero da escludersi la casualità. Il sito è stato attivo per soli nove giorni, ed era stato aperto su un server italiano totalmente estraneo alla vicenda e che ha collaborato all'inchiesta. L'indirizzo del link degli orrori era pubblicizzato sulla «bacheca» di un sito pedofilo specialilzzato di un Paese orientale. Per potervi accedere bisognava collegarsi ad un altro sito, da cui acquisire la password, una combinazione di 15 lettere e numeri che non poteva certo essere individuata o composta casualmente. Il sito contenente le immagini di abusi su bimbe asiatiche tra i quattro e gli otto anni era relativamente «sicuro» per gli utenti, visto che, essendo privo di pagina indice, non compariva in nessun motore di ricerca. Aveva una media di frequentatori - tutti italiani - di 20mila contatti al giorno, con picchi sino a 35mila.
Particolare scalpore ha destato il calibro e il ruolo di alcuni dei personaggi coinvolti nell'inchiesta: il sindaco di un piccolo comune in provincia di Varese, un assessore comunale della Provincia di Bergamo, un assistente sociale siciliano. Ed ancora, tre sacerdoti, di Palermo, Verbania e Bolzano. Il prete del capoluogo siciliano - la cui abitazione è stata perquisita nelle scorse settimane - ha chiesto il patteggiamento. Il prete di Verbania ha invece negato tutto, sostenendo che il computer «incriminato» era in uso ad un altro sacerdote. E poi un vigile urbano di Pesaro, un operatore del centro oncologico di Aviano, autisti di scuolabus, allenatori di squadre di calcio e titolari di palestre. Uno, oltre al materiale pedopornografico, aveva anche dei video «artigianali», realizzati piazzando una telecamera nella toilette riservata alle donne.
Plauso per il blitz dal ministro delle Comunicazioni Mario Landolfi: «È l'ennesimo successo delle forze dell'ordine nella lotta contro la violenza sui minori». Il presidente dell'associazione Telefono Arcobaleno, Giovanni Arena, lancia l'allarme sulla diffusione del fenomeno della pedopornografia.
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