Carmine Spadafora
da Napoli
Più che un palazzo di giustizia, ieri, la Procura di Napoli, sembrava uno stadio, pronto per una partita di campionato. C'erano tre allenatori: Carletto Mazzone, ex Bologna, Mimmo Caso, ex Lazio e Walter Mazzarri, mister della Reggina. Due dirigenti sportivi: Mario Manzini della Roma e Giancarlo Marocchi, ex giocatore della Juventus e del Bologna, attualmente dirigente dei felsinei. Poi c'erano i giocatori, a cominciare dal portiere, naturalmente: l'intramontabile Gianluca Pagliuca, capitano del Bologna, i difensori Fernando Couto, ex laziale adesso in forza al Parma e Ivan Franceschini della Reggina, il centrocampista, Cristian Ledesma del Lecce. Mancavano gli attaccanti ma c'era l'arbitro, il principe dei fischietti indagati: Massimo De Santis, presunto capo della cosiddetta «combriccola romana», come confessato dall'ex dirigente dell'Udinese, Franco Dal Cin.
De Santis non ha aperto bocca con i pm Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci, titolari del filone napoletano dell'indagine sullo scandalo del calcio. Se n'è andato via visibilmente infastidito dalla moltitudine di cronisti che lo attendevano all'uscita del palazzo di giustizia. Con una mano ha scostato un microfono di una tv, poi si e' infilato nella propria auto ed è fuggito. De Santis, costretto a vedersi in tv i mondiali di Germania 2006, dopo la rinuncia a seguito dello scandalo, era in compagnia dei suoi avvocati, Costantino Cambi e Silvia Morescanti, che hanno presentato agli inquirenti, una istanza per il trasferimento dell'inchiesta dalla procura di Napoli a quella di Roma. Cambi ha affermato che «l'incompetenza territoriale c'è. L'associazione per delinquere, se esiste, non è a Napoli ma a Roma». Il legale dell'indagato eccellente ha poi ironizzato sulle fughe di notizie. «Gli atti li abbiamo comprati in edicola». E, sull'incontro con i pm, il legale ha detto. «Non abbiamo parlato minimamente del merito, se ne parlerà a suo tempo. Adesso ci dobbiamo concentrare sul processo sportivo».
Mazzone, interrogato in qualità di testimone, in merito alla discussa partita della stagione 2004-05, tra il Bologna e la solita Juventus (conclusasi 0-1, tra le proteste rossoblù, in particolare di Pagliuca), al termine dell'incontro con i pm, ha espresso in romanesco, il suo pensiero sullo scandalo. «Quella retrocessione in serie B è una ferita ancora aperta. Ho vissuto male anche se ho la fortuna di avere una bella famiglia. Poi vengo a sapere che ci sono situazioni che hanno creato questo e ciò mi solleva. Sul piano morale sono più sereno, verso i tifosi del Bologna e verso me stesso».
L'ex mister rossoblù si è augurato che «lo scandalo sia meno grave di quanto prospettato, perché desta tanta amarezza pensare che qualcuno giocava a farmi perdere, a farmi retrocedere». Ma ha auspicato che la «giustizia sportiva vada fino in fondo su questa vicenda e sani quel danno subito dal Bologna e dal presidente Giuseppe Gazzoni. È l'augurio più bello, perché penso che Gazzoni meriti rispetto: è una persona eccezionale sul piano umano, ci ha rimesso la salute, ci ha rimesso i soldi e senti poi che è rimasto in bianco»
E, sulla questione arbitrale, Mazzone ha detto di avere sempre ritenuto «gli arbitri in buona fede perché il loro è un mestiere difficile. E lo penso tuttora». E su Luciano Moggi, da re del calcio italiano a re degli indagati, Mazzone ha giocato in difesa, ricordando «il bellissimo rapporto avuto alla Roma». Poi, ha aggiunto. «Gli sono vicino in questo momento di difficoltà». L'anziano tecnico, ha chiuso anche la polemica, avuta in diretta televisiva, con il giornalista Giorgio Tosatti. «Ho chiamato in causa suo papà che non c'è più ma c'è stato un malinteso, una infelice espressione da me pronunciata. Ho detto che lui non è come il padre, che era una persona eccezionale, come professionista e come uomo. Non sempre è vero il detto: tale padre tale figlio». Anche Pagliuca, si è augurato che «il Bologna venga risarcito e venga rimesso nella categoria che gli compete».
I pm napoletani hanno intanto delegato i carabinieri di Roma a interrogare i prossimi testimoni del filone partenopeo dello scandalo del calcio.
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