Una menzogna tutta letteraria

Una menzogna tutta letteraria

Un premio Pulitzer, uno degli scrittori più apprezzati dalla critica francese e uno dei giovani filosofi italiani più interessanti. Un tris d’assi per la nuova «puntata» di Massenzio. Questa sera sul palco di «Letterature» saliranno Philippe Djian, l’americana Elizabeth Strout e il nostro Marco Senaldi. Il tema della giornata è «Finzione. La vita oggi: provocazioni e menzogne». E chi meglio di Marco Senaldi, autore nel 2009 del saggio Arte e televisione: da Andy Warhol al Grande Fratello (Postmedia books), può stimolare il pubblico di Massenzio con un testo dal titolo «Il rovescio della finzione». Prima del gran finale, dedicato ovviamente alla scrittrice statunitense Elizabeth Strout, vincitrice nel 2009 dell’ambito Premio Pulitzer con il romanzo Olive Kitteridge (Fazi), sarà il francese Philippe Djian a dare la sua personale visione della menzogna e della finzione. Il suo testo, commissionato da Maria Ida Gaeta per «Letterature», si intitola Incidenze e racconta le vicissitudini di un professore di letteratura alle prese con disordinati e intricati rapporti con le sue studentesse e con una invincibile seduzione per il male che lo rende addirittura omicida. «Quello che però mi interessa - spiega lo scrittore, divenuto popolare in Francia quando il regista Jean Jacques Beineix ha portato sullo schermo il suo terzo romanzo (37.2° le matin) con il titolo Betty Blue - è spiare la reazione di un uomo di cultura e di capire quanto questa sua passione intellettuale entra nel gioco della sua psiche malata». D’altronde, Djian nutre una sorta di venerazione per la letteratura con la L maiuscola. Tanto da arrivare a negare il pur minimo valore a plot e narrazione dei romanzi. In un recente festival tedesco si è anche divertito a mescolare brani di due suoi romanzi solo per il piacere che dava al suo udito la mescolanza delle frasi e delle parole «decontestualizzate». Considera suoi maestri tutti coloro che sanno usare la penna «a prescindere». Si dimentica di Racine, Villon e Baudelaire, ma non di Proust e di Cèline. «Purtroppo nessuno scrive più come loro - sbuffa amareggiato - al massimo si limitano a sterili sentimenti estetizzanti (sic)». L’arrivo di Djian a Roma coincide con il suo debutto nel mercato editoriale nostrano. Voland, infatti, ha pubblicato alla fine del 2009 il suo ultimo romanzo Imperdonabili, da mesi stabilmente nella classifica dei libri più letti in Francia e dal quale il regista André Téchiné sta realizzando un film.
Il titolo scelto da Elizabeth Strout per il suo racconto ha bisogno di una spiegazione. Ed è la stessa autrice del fortunato Olive Kitteridge a fornirla. «Ho intitolato il racconto Appetito perché volevo attirare l’attenzione del pubblico di Massenzio sulla dualità di questo stimolo. Da un lato fa diretto riferimento alla vita. Dall’altro può essere anche un desiderio di morte e di oppressione». La scrittrice ha saputo raccontare con mirabile maestria il personaggio di Olive Kitteridge, la professoressa in pensione la cui vita emerge a piccoli tasselli dai racconti e dalle opinioni dei suoi compaesani. Dopo quel «mosaico» ricco di profondità, la Strout si destreggia in Appetito con la crisi di una coppia matura che scopre in un momento cruciale del proprio percorso finzioni, menzogne e ambiguità dello stare insieme. Il racconto fa anche riferimento alla terribile tragedia dell’11 settembre. Il figlio della coppia ha lasciato New York per l’Arizona, considerando invivibile la Grande Mela dopo l’orrore delle Twin Towers. «È vero - spiega la scrittrice che a New York è di casa - molta gente si è trasferita dopo l’attentato. Molti non sono riusciti a superare il trauma. Personalmente troverei più pericoloso vivere in California, regione a forte rischio sismico, e in attesa del Big One».
La casa editrice romana ha mandato in libreria proprio in questi giorni l’ultimo romanzo della Strout intitolato Resta con me. Come nel pluripremiato Olive Kitteridge, anche in questa nuova prova narrativa della Strout ci troviamo di fronte a un personaggio che vive il confronto diretto con un’intera comunità. La morte della giovane moglie scuote nel profondo la vita del predicatore Tyler Caskey. Oltre al dolore, al lutto e al difficile compito di badare a due figlie piccole, Caskey deve fare i conti con una comunità che non sa capire il suo dolore e fraintende anche le più piccole e innocenti debolezze.
Gli intermezzi musicali della serata sono affidati al gruppo dei Mokadelic. Il loro primo album è del 2002 (I plan on leaving tomorrow, cui ha fatto seguito nel 2006 Hopi, che segna anche l’ingresso nella formazione romana di Luca Novelli, già collaboratore e coproduttore dei Mokadelic).

Il momento di maggior successo per la band arriva ne 2008 quando firmano la colonna sonora del film di Gabriele Salvatores Come Dio comanda e per la quale sono stati anche candidati ai Nastri d’argento.
Ingresso: Clivo di Venere, via dei Fori Imperiali. Orario 21. Accesso libero fino a esaurimenti posti. Info: 060608.

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