Eleonora Barbieri
da Milano
È lemblema del bravo cittadino, quello che, quando si parla di smog, ha la coscienza pulita, perché lui non inquina: va in bici. Su due ruote, a qualunque temperatura, con lafa, il sole, sotto la pioggia o in inverno, quando al mattino batti i denti. Un protagonista del traffico, ma di quelli responsabili: risparmia energia, carburante e, anche, il tempo dellingorgo. E si tiene in forma, pedalando quotidianamente fra casa, supermercato e ufficio. Un modello da assimilare fin da piccoli (con il caschetto, per non correre rischi) e, anche, un po da invidiare: chi va in bici è «pulito», sano e alla moda, almeno dai tempi di Inge Feltrinelli.
Tanta perfezione è però contestata dagli inglesi: altro che amici dellambiente, sono dei «terroristi su due ruote», tanto che - secondo il Daily Mail - «tutti odiano i ciclisti», perché sono indisciplinati e, qualche volta, anche teppisti. Succede dappertutto ma, complici alcuni incidenti e lo spirito politicamente scorretto britannico, Oltremanica lanti-ciclismo è diventato quasi una bandiera. Nel quartiere londinese di Stockwell quattro bambini sono stati travolti davanti a scuola e le madri hanno deciso di protestare: per cinque giorni si sono piazzate in strada con cartelli e volantini per insegnare ai guidatori su due ruote a rispettare il semaforo (segnale ignorato dalla metà della popolazione velocipede britannica).
Persino la Camera alta è stata investita del problema, quando Lord Howarth di Newport ha accusato i ciclisti che «guidano sul marciapiede, non rispettano il rosso, vanno in contromano e girano senza luci quando è buio» di dare per scontato di farla franca con il loro «comportamento illecito e antisociale» soltanto perché, appunto, non conducono unautomobile, ma una bicicletta. La battaglia ha smosso un patito delle due ruote, il giornalista Will Storr che, sullObserver, ha recitato una mezza ammissione di colpa: «Eravamo i bravi ragazzi, amici della natura e progressisti, gli studenti diligenti, gli insegnanti impegnati, con quello stile di vita da famigliola olandese felice» ma il quadro, purtroppo, appare compromesso: gli psycho cyclist, i ciclisti pazzi terrorizzano la capitale e sono ormai in rotta di collisione con automobilisti arrabbiati e pedoni stufi di subirne le «angherie». Storr, che da anni si reca al lavoro a bordo della sua fedele bici un po arrugginita, ammette: «È vero, viaggio sempre con liPod, ma rispetto i semafori. Qualche volta pedalo fuori dalle piste ciclabili, ma solo perché sono piene di buche e macchine parcheggiate». Niente di paragonabile a chi sfreccia a folle velocità senza fermarsi davanti a nulla, quella che lEvening Standard ha provocatoriamente definito «la progenie aggressiva dei ciclisti furiosi, disposti a tutto pur di sconfiggere il traffico», i cavalieri del pedale, quelli che si sfogano sulle strade cittadine. Ciclisti urbani, ma non nel senso di civili, per i quali Emma Parker Bowles, cugina del principe William, ha invocato un rimedio decisamente poco regale: «Servirebbe un processo di selezione naturale per queste persone esasperanti». Soltanto il Sun ha raccolto il suo invito, ma il clima nei confronti dei ciclisti non è dei migliori, tanto che un gruppo di appassionati ha deciso di dar vita alla campagna «Fermati al rosso»: sullomonimo sito stopatred.org è possibile sottoscrivere la petizione per sensibilizzare il popolo delle due ruote a un comportamento più rispettoso delle regole.
Storr invita a firmare per redimere una «minoranza non rappresentativa» di indisciplinati, la stessa attaccata dai lettori dellIndependent, che aveva invece accolto trionfante la «rivoluzione a due ruote» (i viaggi in bici sono aumentati a Londra del 50% in cinque anni): dopo quintali di lettere sdegnate, il quotidiano ha offerto un «decalogo» del ciclista perbene, con suggerimenti di sopravvivenza e di buon gusto.
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