Mezza Serbia in rivolta per difendere Mladic

Dietro le sbarre a Belgrado l'ex generale Ratko Mladic chiede delle fragole, un libro di Tolstoj e la tv. Nel resto della Serbia i suoi amici organizzano la protesta per l'arresto del boia di Srebrenica, che molti considerano un eroe. E dall'Italia, l'europarlamentare della Lega, Mario Borghezio, dichiara: «Mladic è un patriota, lo andrò a trovare».
Le prime immagini dell'ex capo militare dei serbo bosniaci, catturato dopo 16 anni di latitanza, mostrano un vecchietto fragile e dallo sguardo non più di ghiaccio, ma stupito. Pallido, con un cappellino da baseball blu in testa, è l'ombra del generale che fra il 1992 ed il 1995 mise a ferro e fuoco la Bosnia.
Il blitz ha coinvolto una ventina di uomini mascherati dei corpi speciali della polizia, che alle cinque del mattino hanno fatto irruzione nella fattoria del cugino a Lazarevo, un piccolo villaggio nel nord della Serbia. Mladic, che soffre d'insonnia, si stava alzando per prendere un po' d'aria e fare due passi nel cortile. Gli uomini dei corpi speciali l'hanno immobilizzato in un attimo facendolo distendere a terra. Lui ha ammesso di essere Mladic e si è ben guardato da usare le due pistole che aveva in casa.
Trasferito a Belgrado nella corte bunker per i criminali di guerra, dove l'aula 2 è dedicata al giudice Giovanni Falcone, è cominciato il balletto sulle condizioni di salute. Una tac ha segnalato che Mladic deve aver subito almeno un ictus. Una mano sarebbe completamente paralizzata e muove a fatica la parte destra del corpo. L'ex generale dei serbi di Bosnia è affetto da malanni cronici e sembra che abbia difficoltà a parlare. Potrebbe anche trattarsi di una tattica per prendere tempo. Il suo difensore, Milos Saljic, si opporrà lunedì all'estradizione al tribunale internazionale dell'Aia. Il figlio Darko, che ha potuto far visita a Mladic, sostiene che il padre è gravemente malato, forse di cancro e dovrebbe «venir subito ricoverato in un ospedale militare». Il giudice dell'Alta corte di Belgrado, Maja Kovacevic-Tomic, ha invece deciso che ci sono le condizioni per il trasferimento in Olanda. L'ex generale si è dichiarato assolutamente non colpevole di genocidio e crimini di guerra.
Nel frattempo sono scoppiati i primi disordini per la cattura del super latitante. Un serbo su tre è contrario all'estradizione e all'ingresso del villaggio dove si era nascosto è apparso il cartello «Ratko heroj». Nella serata di giovedì circa 500 ultranazionalisti hanno cercato di prendere d'assalto la sede del Partito democratico (Ds) a Novi Sad e la tv regionale. Il leader dei Ds è Boris Tadic, il presidente serbo riformista, che ha fortemente voluto l'arresto di Mladic per evitare che l'Unione europea sbarri le porte all'ingresso della Serbia. Novi Sad è il capoluogo della Vojvodina, la regione autonoma, dove si trovava il rifugio dell'ex generale. La polizia ha respinto gli assalti a manganellate. I pro Mladic sono scesi in piazza anche a Belgrado, ma nella centrale piazza della Repubblica erano in pochi. Un centinaio di giovani con simboli nazionalitsi e bandiere serbe urlavano «non ti consegneremo mai Ratko».
Dall'Italia l'europarlamentare Borghezio ha rincarato la dose sostenendo che l'ex generale «è un patriota. Quelle che gli rivolgono sono accuse politiche. I serbi avrebbero potuto fermare l'avanzata islamica in Europa, ma non li hanno lasciati fare. E sto parlando di tutti i serbi, compreso Mladic. Io comunque andrò certamente a trovarlo, ovunque si troverà».
Il capo della polizia, Milorad Veljovic, ha vietato qualsiasi raduno a Belgrado, ma il Partito radicale d'opposizione, ultranazionalista, lancia la sfida: hanno indetto una manifestazione per domenica sera alle 19 davanti al Parlamento. Il presidente Tadic ha promesso il pugno di ferro per chiunque si lasci andare a violenze. Il suo rivale, Tomislav Nikolic, non demorde e sul sito del partito radicale ha lanciato la «grande manifestazione di protesta contro il vergognoso arresto del generale Ratko Mladic». Lo slogan scelto per l'adunata non lascia dubbi: «Stop al tradimento».

Gran parte dei serbi osservano con distacco la nuova fiammata nazionalista, ma domenica in piazza a Belgrado chi scenderà in piazza a favore di Mladic già pensa alle elezioni parlamentari del prossimo anno e alle presidenziali del 2013.
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