Massimo Malpica
La difesa del parlamentare Marco Milanese questoggi alla Giunta per le autorizzazioni a procedere, si preannuncia articolata, e per certi versi, clamorosa. Due le strade percorse per dimostrare la sua completa estraneità alle contestazioni della procura di Napoli. Da un lato una meticolosa contestazione delle accuse dellimprenditore Paolo Viscione che ai pm ha raccontato di aver ricevuto informazioni riservate su inchieste che lo riguardavano in cambio di soldi e regali. Dallaltro lanalisi dei suoi flussi finanziari in entrata e in uscita, dal 2005 al 2010, per dimostrare la piena compatibilità delle spese sostenute per barche, case e automobili, con i redditi dichiarati e i soldi depositati in banca, negando quindi fondi neri in contanti. Nella memoria trovano spazio una serie di «incongruenze investigative» come una presunta omissione dei pm relativa a verbali «fantasma», per sostenere così lesistenza del fumus persecutionis nei suoi confronti.
TESTE SPARITO
La questione riguarda una delle inchieste giudiziarie che coinvolgevano Viscione e sulla quale Milanese, dal 2004, avrebbe passato allimprenditore informazioni. Unindagine della procura di Benevento, affidata a un pm donna non meglio identificato. Ma proprio Viscione, interrogato a dicembre del 2010, poco dopo il suo arresto, parla a verbale di un certo Pasquale Lucci, con il quale limprenditore «intratteneva rapporti di catering e di scambio assegni», che sarebbe stato chiamato tra fine 2006 e inizio 2007 «unaltra volta dalla Finanza di Benevento» e avrebbe informato Viscione che linchiesta era ancora pendente. Viscione ne parla perché sostiene che Milanese, pochi giorni prima, gli aveva invece garantito che era stata archiviata. Ma Milanese, ora, si chiede come mai non vi sia traccia, negli atti dellinchiesta di Benevento acquisiti dai magistrati partenopei, di verbali di questo Lucci, che pure - a dir di Viscione, sembrava informato dellindagine.
SMS MASOCHISTA
Viscione, tra laltro, sostiene che fu proprio Milanese, a febbraio del 2010, ad avvisare limprenditore che era sotto intercettazione. Il deputato lavrebbe fatto presentandosi il 18 di quel mese negli uffici romani di Viscione e allertando un collaboratore di questi, Sidoti. Così Viscione a verbale: «Più certo della morte che sta tutto sotto controllo, gli dice: non si parla più per telefono, dì a Paolo (Viscione, ndr) che non mi chiamasse più». Per smontare la questione, Milanese nel memoriale riporta un suo sms, spedito a Viscione lo stesso 18 febbraio: «Se oggi vieni a rm... se no forse oggi vengo io a cervinara... ti faccio sapere». Era la risposta a un messaggio in cui Viscione voleva caldeggiare a Milanese la candidatura a sindaco di Cervinara del genero, tema sul quale, tra laltro, il deputato e limprenditore litigheranno quando il primo rifiuterà la candidatura. Di certo, «è fuor di ogni dubbio - osserva Milanese - che il 18 febbraio del 2010, o addirittura prima, saputo, o anche solo sospettato, che i telefoni del Viscione erano sotto controllo, nella veste di consigliere politico del ministro, il sottoscritto mai avrebbe inviato al Viscione, lo stesso giorno, un sms».
I CONTI IN REGOLA
Cè poi il fronte «finanziario». Come è noto la procura di Napoli ipotizza che, a fronte delle presunte pressioni per passare informazioni e insabbiare le indagini che riguardavano Viscione, Milanese avrebbe preteso in cambio soldi («una milionata di euro», secondo limprenditore) e vari regali e benefit. Così Milanese, assistito da un commercialista, ha preparato una sorta di nota contabile, ricostruendo anno dopo anno, dal 2005 al 2010, il suo «reddito spendibile» al netto delle imposte, e dimostrando al centesimo di aver potuto sostenere tutti gli acquisti finiti nel mirino degli inquirenti (Ferrari, Porsche, yacht, la casa in Costa Azzurra e pure laffitto della casa poi occupata da Tremonti) con le proprie «disponibilità finanziarie lecitamente conseguite». Nessuna mazzetta, dunque. «Milanese ha dovuto più volte far ricorso allindebitamento bancario sotto forma di mutuo e di scoperto di conto corrente dovendo inoltre, tra il 2010 e il 2011, smobilizzare un investimento in titoli di 515mila euro per far fronte alle spese. Tale circostanza stride con lipotesi accusatoria secondo la quale avrebbe posseduto una somma di denaro contante pari a 1 milione e 200mila euro, frutto della corruzione».
LACCUSA DEL CAPO GDF
I pm di Napoli giusto ieri hanno inviato in giunta alcuni interrogatori. Su tutti quello del comandante della Gdf, Cosimo DArrigo: «Lho conosciuto quando me lha presentato il ministro, Tremonti disse semplicemente che non potevamo rivolgerci ad altri. Aveva la delega in esclusiva per qualunque questione generale e funzionale (...). Ci ha spesso creato problemi di ordine pratico con complessivo rallentamento delle attività dato che Milanese era preso da numerosi impegni». Poi DArrigo segnala la non opportunità di una delega simile a un uomo che proveniva dalla Gdf.
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