Milanese, i tabulati che spaventano il Palazzo

I pm chiedono alla Camera di usare i tabulati di Milanese. Chiesto il via libera per aprire le cassette di sicurezza. La difesa del carabiniere ancora latitante smonta le accuse. Nominato Paolini (Lega) relatore in giunta: prima toccherà al caso Papa

Milanese, i tabulati che spaventano il Palazzo

Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica

RomaUn anno e mezzo di tabulati e telefonate di due cellulari e cinque cassette di sicurezza. Alla giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio arrivano altre richieste sul conto dell’ex braccio destro di Tremonti, Marco Milanese. La prima riguarda l’autorizzazione all’uso dei tabulati e delle intercettazioni di due utenze telefoniche (una Tim e una Wind) intestate al ministero dell’Economia e assegnate al parlamentare del Pdl. Gli inquirenti ritengono che dall’analisi dei flussi di traffico dei due telefoni tra l’inizio del 2010 e lo scorso maggio sia possibile ricostruire i rapporti di Milanese con esponenti della Finanza (per individuare le sue presunte talpe nelle fiamme gialle), ma il via libera ovviamente porterebbe alla luce anche i contatti politici ai più alti livelli dell’ex consigliere di Tremonti. L’altra richiesta, come detto, è quella di aprire e ispezionare le cinque cassette di sicurezza possedute da Milanese in tre diverse filiali del Credito Artigiano tra Roma e Milano. Le cassette, già sequestrate dagli inquirenti, sono state aperte tra l’inizio del 2008 e il 2009, ed è stato lo stesso consulenze tecnico della procura che si è occupato degli accertamenti bancari sui conti di Milanese a suggerire al pm, in una relazione del 27 dicembre scorso, che «sarebbe anche importante ispezionare le varie cassette di sicurezza». Relatore in Giunta per la richiesta d’arresto di Milanese, intanto, è stato nominato Luca Paolini, deputato del Carroccio, ma l’organismo della Camera dovrà prima pronunciarsi sulla pratica relativa ad Alfonso Papa e all’inchiesta P4. A proposito della quale, oggi è in programma il Riesame per il carabiniere latitante in Senegal Enrico La Monica. I suoi legali nell’occasione daranno battaglia, evidenziando una serie di incongruenze nelle accuse.
In particolare gli avvocati Domenico Mariani e Bruno Ganino rimarcano la stranezza di una contestazione che riguarda l’accesso alla banca dati Sdi delle forze dell’ordine, secondo gli inquirenti collegata ai rapporti tra Papa e l’imprenditore Alfonso Gallo, al quale il primo avrebbe passato informazioni riservate su inchieste che lo riguardavano, informazioni ottenute, per i pm, proprio grazie al maresciallo e nello specifico a quell’accesso allo Sdi. Ebbene, i legali sottolineano come al momento di quell’accesso, che risale al 31 agosto 2007, La Monica nemmeno conosceva Papa, come messo a verbale dall’avvocato Patrizio Della Volpe, che colloca l’inizio dei rapporti tra i due tra la primavera e l’estate del 2008, con l’elezione di Papa alla Camera. Eppure proprio quell’episodio del 2007 secondo i pm corrisponde al «contributo essenziale» che La Monica avrebbe offerto a Papa, che cercava informazioni per chiedere soldi e favori a Gallo. Mariani e Ganino aggiungono che inoltre non vi è prova agli atti che a compiere quell’accesso al sistema Sdi sia stato proprio il carabiniere. Il tutto accompagnato da una tempistica quantomeno improbabile che vorrebbe La Monica reperire informazioni utili a creare una corruzione/estorsione solo quattro anni dopo. Ancora i legali insistono ricordando che lo Sdi non contiene notizie «riservate» né coperte da segreto, ma è solo una banca dati di «notizie ultranote, quali precedenti giudiziari e carichi pendenti». L’altro capitolo su cui oggi la difesa di La Monica insisterà è sull’inconsistenza delle intercettazioni telefoniche che riguardano il carabiniere del Ros. Gli avvocati ricordano infatti che lo stesso gip «svuota» di importanza le conversazioni spiate dell’editore dell’Avanti Walter Lavitola proprio con La Monica, riguardo presunte notizie top secret, che in realtà per il giudice erano all’epoca già pubbliche. Stesso discorso, secondo i difensori, vale per le altre telefonate che coinvolgono il latitante in divisa.

E a proposito delle fonti altolocate di cui La Monica avrebbe goduto nella sua presunta caccia a notizie riservate da passare a Papa e indirettamente a Bisignani, la difesa conclude sfoderando il verbale dell’altro poliziotto coinvolto nell’inchiesta, Giuseppe Nuzzo. Che racconta ai pm come la «gola profonda» sua e del carabiniere sarebbe «Salvatore T., pensionato della Circumvesuviana che sta sempre a piazza Nazionale e che ha entrature presso tutte le forze dell’ordine».

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