A Milano è caccia al paziente killer

Ancora irrisolto il giallo del complice

da Milano
È durato un’ora l’incontro tra il pm Tiziana Siciliano, il capo della mobile Vittorio Rizzi e della omicidi Antonio Scorpaniti e il professor Edoardo Austoni, ferito in un agguato lunedì sera. Troppo poco perché la vittima sia riuscita a fornire particolari decisivi per le indagini. Infatti, all’uscita, il magistrato ha usato una formula di rito in questi casi: «Abbiamo raccolto elementi utili che valuteremo con attenzione, ma serve molto tempo per fare le cose bene». Al di là di nomi che il ferito non avrebbe saputo fornire, le indagini sembrano comunque orientate verso un paziente deluso dal primario. Tanto che gli investigatori stanno già lavorando a un elenco delle persone operate. Tra loro potrebbe nascondersi il feritore.
Molti gli elementi a sostegno di questa ipotesi. Austoni, 60 anni, è un urologo di fama internazionale, famoso per le sue operazioni nel campo della chirurgia urogenitale. Vale a dire: interventi alla prostata, allungamento del pene, recupero della virilità, ricostruzione degli organi genitali femminili per consentire anche a donne anziane di poter aver rapporti sessuali. Un campo molto delicato, dove spesso i problemi sessuali sconfinano nella sfera psicologica.
Ebbene, innanzitutto il primario è stato colpito fuori dalla clinica «Policlinico» di via Dezza 48, dove prestava la sua consulenza da anni. Appena uscito verso le 20, come tutte le sere, è stato bersagliato con dieci proiettili, cinque a segno alle gambe. Dunque luoghi e orari che il feritore conosceva bene, come appunto poteva conoscerli un suo paziente.
Evidente la volontà di ferire e non di uccidere: non si sparano tanti colpi a mezzo metro di distanza senza ledere organi vitali. L’uomo poi ha sparato volutamente «basso», come se volesse colpire le gambe, o addirittura l’inguine della vittima. Quasi fosse la vendetta di uno che non ha acquistato la tanta agognata virilità e adesso vuole vendicarsi sul chirurgo con le legge del taglione.
La raffica di colpi confermerebbe il raptus: l’uomo, infatti, ha esploso fino all’ultima cartuccia. Con una calibro 40 (cioè 40 centesimi di pollice di diametro, pari a 10 millimetri), arma piuttosto insolita e soprattutto poco consona allo scopo. È devastante dove colpisce (quindi è difficile controllarne gli esiti) e fa un gran baccano. Molto meglio una 7.65: piccola, silenziosa e «chirurgica» nell’impatto sul bersaglio. Il feritore potrebbe dunque essere un uomo ossessionato dalla vendetta che ha usato la prima arma a disposizione.
L’unico neo di tutta questa ricostruzione è la presenza, segnalata da diversi testimoni, di due persone: una fuggita in scooter, l’altra a piedi. Dunque un delitto «organizzato». Sempre che uno dei due non fosse un passante fuggito atterrito dagli spari. Se così non fosse, è difficile credere a un paziente che si vendica facendosi accompagnare da un complice.
Ieri sera Austoni ha ripetuto quel che aveva detto subito dopo l’agguato: «Non ho visto chi mi ha sparato e non ho mai subito minacce. Gli ultimi problemi con pazienti risalgono ad almeno quattro anni fa. E rientrano nella normale “dialettica” medico-paziente».


Ma gli investigatori è proprio tra i pazienti che puntano. Per questo stanno studiando le cartelle cliniche del primario. Contemporaneamente vogliono risentire i testimoni dell’agguato, e controllare le ultime telefonate arrivate alla vittima.

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