Valeria Rosso o... Dottoressa Valeria Rosso?
«Basta Valeria, nessuno mi chiama dottoressa».
Piemontese di Biella, 26 anni, 183 cm, centrale dell'Europea 92, la nuova squadra femminile cittadina di serie A2 che oggi torna di scena al Palalido. In tasca una laurea in...
«Scienze della comunicazione alla Cattolica di Milano, frequentando quando possibile, visto che dal 1999 giro l'Italia per giocare: da Trecate a Pesaro, dalla Sardegna a Forlì... La laurea è arrivata l'aprile scorso ma allora giocavo a Padova e non immaginavo certo che sarei venuta a Milano anche per il volley. La tesi era in psicologia delle relazioni organizzative aziendali: più comunichi valori eticamente fondati, più forte è il senso di appartenenza all'azienda».
O a una squadra?
«Sono temi che riguardano anche il volley, un'azienda è simile a una squadra. Noi siamo professioniste, qualcuno dice mercenarie ma, se in campo offri il 100%, poco importa».
Difficile dividersi fra libri e palestra?
«Occorre forza di volontà, il tempo è poco: in spogliatoio non ho mai studiato ma al liceo mi è capitato di ripassare le equazioni sul vetro appannato dell'auto... In realtà le due attività si compensano, a volte correvo in palestra con la voglia di staccare dai libri, altre mi consolavo da una partita negativa pensando che il giorno dopo avrei fatto un giro in università. E comunque non ho smesso, se passo il test frequenterò un master in organizzazione e sociologia dello sport alla Bicocca. Dopo il volley vorrei occuparmi di risorse umane o organizzazione di eventi».
Ma gli eventi vanno pubblicizzati: ad esempio, perché seguire la pallavolo femminile?
«Perché mescola grazia e cattiveria agonistica. Dietro l'aspetto esteriore, piacevole da vedere, delle giocatrici in campo, scorrono fiumi di adrenalina».
E perché venire a tifare Europea 92, che ha perso finora due partite su due?
«Perché il volley donne a Milano non c'era e adesso è tornato, perché vogliamo dimostrare a una piazza così importante che la meritiamo, anche se abbiamo bisogno del suo aiuto. Dateci una chance».
Perché la stagione è cominciata in salita?
«La squadra è stata costruita da zero. La Senkova, che gioca opposto, il ruolo d'attacco più delicato, è tornata stanca dagli Europei, molte devono adattarsi alla realtà della metropoli. Fatichiamo in ricezione e il gioco ne risente. Non so ancora che ruolo avremo in questo campionato, dobbiamo trovare la nostra identità, senza paura».
Pentita di essere scesa in A2?
«No, mi piacciono le sfide».
Come vivete la città?
«Dicono sia fredda ma noi percepiamo interesse».
La pausa di campionato vi danneggerà?
«No, ci permetterà di lavorare».
L'Europeo vinto dalle azzurre aiuterà il movimento?
«Sì, anche se le potenzialità del volley donne andrebbero gestite in modo più professionale».
Perché giocare a volley?
«Perché insegna a sacrificarsi, lottare, rispettare l'avversario».
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