Ad annunciare la fine di un'era è stato nei giorni scorsi il Consiglio superiore della magistratura, che ha aperto ufficialmente il concorso per individuare il successore. Ilda Boccassini, il magistrato più famoso del palazzo di giustizia di Milano, il prossimo ottobre dovrà lasciare l'incarico di procuratore aggiunto e di capo della Dda, il pool antimafia che ha diretto per otto anni. Ora il Csm invita i magistrati di tutta Italia ad avanzare per tempo le loro candidature a procuratore aggiunto, in modo da non lasciare sguarnita la carica. Ma una cosa è già certa: nulla sarà più come prima. Il regno di Ilda è stato lungo e assoluto, costellato di inchieste importanti. Chiunque venga dopo di lei, si troverà a dover percorrere strade nuove, perché il mondo è cambiato.
Che l'Antimafia a Milano sia destinata a cambiare, d'altronde lo dice chiaramente il documento con cui nelle scorse settimane il procuratore Francesco Greco ha scelto due nuovi componenti della squadra che la Boccassini continuerà a guidare fino a ottobre. Per spiegare i criteri della scelta, Greco spiega come «si debba far riferimento anche alle peculiari concrete forme di realizzazione dei programmi delittuosi della criminalità organizzata nel territorio di questo distretto». E a Milano, spiega Greco, le imprese dei clan «si sono disvelate in stretta e costante connessione con gravi illeciti riguardanti più propriamente la criminalità cosiddetta economica, attesa la decisiva finalità lucrativa verso la quale si muove ed orienta la criminalità organizzata».
Non sono concetti inediti, ma per la prima volta Greco li trasforma in criteri per la scelta dei nuovi pm antimafia, tra cui inserisce «anche le esperienze maturate in procedimenti per reati contro la pubblica amministrazione, societari, fallimentari e per riciclaggio, nonché in procedimenti per responsabilità degli enti». Il procuratore applica i nuovi criteri già da questa tornata di nomine: viene bocciata, in particolare, la candidatura del pm Stefano Ammendola, l'unico degli aspiranti ad essersi già occupato a lungo di criminalità organizzata in zone calde come Messina e Reggio Calabria. Nella sua circolare, Greco dà atto che è «certamente in possesso dei requisiti attitudinali» per entrare nel pool antimafia, ma lo boccia in quanto inesperto del territorio milanese e di reati finanziari, «è necessario il completamento del suo percorso professionale con ulteriori esperienze specifiche, ove possibile anche in tema di criminalità economica». Per questo gli vengono preferiti il collega Adriano Scudieri, che a Milano non si è mai occupato di mafia ma «ha istruito diversi procedimenti di fiscalità internazionale, riciclaggio, market abuse», e la pm Giovanna Cavalleri, che a Milano «si è occupata anche di alcuni procedimenti per delitti contro la pubblica amministrazione».
La strada, insomma, è segnata: per Francesco Greco anche la lotta alla mafia a Milano va declinata come lotta alla criminalità economica, visto lo stretto intreccio sotto la Madonnina tra i due rami di delinquenza. Nella sua circolare, Greco dà atto a Ilda Boccassini di avere già operato su questo fronte, citando «gran parte dei procedimenti gestiti dalla direzione distrettuale antimafia negli ultimi anni».
Ma il procuratore capo è il primo a sapere che, in concreto, l'unico esempio di alto livello di penetrazione mafiosa negli appalti pubblici scoperto a Milano in questi anni è quello che riguardava Nolostand e la Fiera di Milano, con l'arresto per associazione a delinquere di Giuseppe Nastasi e degli altri esponenti del consorzio Dominus: vicenda indubbiamente grave ed allarmante, ma che non sfiora il piatto ghiotto delle grandi operazioni immobiliari, delle manovre sulle società quotate, dell'incrocio profondo tra economia pulita e capitali sporchi.È lì che la nuova Antimafia dovrà scavare.
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