Le bici con la targa? Il popolo dei ciclisti ha paura delle multe

C'è che la vuole e chi non ne vuole neanche sentire parlare. A qualcuno va bene ma solo se è una “registrazione“, altri solo se è una “punzonatura“. Si fa presto a dire targa. Quando c'è di mezzo la bici basta la parola e si scatena il putiferio. Tra ciclisti e non, ma anche tra ciclisti stessi. L'ultimo a pronunciarla in ordine di tempo è stato l'assessore al traffico Pierfrancesco Maran che ha inviato una lettere al ministro (all'Ambiente) Clini per chiedere un sistema di registrazione delle biciclette. Non ha detto proprio «targa», ha chiesto l'“anagrafe“ e lo ha messo tra virgolette. Ma nonostante tutto le sue parole hanno scatenato un cataclisma di opinioni. «Non sarà il sistema per fare passare targa e assicurazione obbligatoria anche per i ciclisti?» è stato uno dei primi tra le decine di commenti postati sulla bacheca facebook dell'assessore. E anche il presidente di Fiab-Ciclobbi ha messo subito le mani avanti, per scritto: «Attenzione - aveva ammonito - perché si rischia di creare fraintendimenti. Deve essere chiaro l'obiettivo e cioè che il sistema di rendere riconoscibile la bicicletta serve solo per perseguire ladri e combattere i furti». E non (vuole sottolineare) a penalizzare chi viaggia sulle due ruote. L'applauso a Maran invece arriva da Achille Colombo Clerici presidente di Assoedilizia. «Leggiamo con piacere che anche la “lobby“ dei ciclisti ora non rifiuta l'ipotesi di munire di segnali di identificazione o targhe che dir si voglia i veicoli ecologici. È una proposta che noi avevamo già avanzato negli anni scorsi su modello della vicina Svizzera e della lontana Cina». La targa «accompagnata da un documento di possesso limita di molto il traffico delle migliaia biciclette rubate», ma allo stesso tempo ha «funzione di deterrente in un periodo in cui una minoranza di maleducati circola sui marciapiedi impunemente, sfrecciano nelle aree riservate ai pedoni, diventano un pericolo per gli altri oltre che per se stessi». Ben vengano dunque a suo dire le targhe proposte dall'assessore perché «la bici è pur sempre un veicolo» e talvolta invece viene usato come un semplice prolungamento dei piedi. «C'è una diffusa mentalità di ritenersi sciolti dall'obbligo di legge invece quando si viaggia in bici non si è equiparati ai pedoni», fa notare Colombo Clerici. Dunque targa sì e obbligatoria. «Obbligatoria? Mai. Le regole già ci sono, basta applicarle. Il furto va considerato non come un reato “bagatellare“ ma perché disincentiva l'uso. Non solo. Il vero danno del furto è che diffonde l'idea che bisogna andare in giro con una carcassa insicura per chi la usa». Intanto qualcosa è già stato fatto. La Provincia da tempo ha avviato «bicisicura», il registro pubblico con circa 2000 iscritti. Nessuna targa ma un microchip nel telaio che viene letto da un palmare in uso alla polizia postale. «È inutile scomodare il ministro - rimanda al mittente (Maran) il collega della Provincia Giovanni De Nicola - un registro c'è già». A dire il vero i registri sono due.

L'altro è privato - non fa capo ad alcuna istituzione quindi - ma è nazionale. Si sono già iscritte 25 città. Bastano 9,90 euro per ottenere il kit, con targhetta e registrazione. Il sito ha un accesso diretto per le forze dell'ordine per aiutare a recuperare il mezzo rubato.

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