Troppe tasse sulla birra. La Regione Lombardia sposa la battaglia dell'associazione Assobirra contro le accise sulla pinta, aumentate in pochi mesi del 30% (tanto che «un sorso su due se lo beve lo Stato»).
«Rischiamo di uccidere un settore nascente dell'economia come i micro birrifici, con gravi ricadute occupazionali» lancia l'allarme il vicepresidente del Consiglio regionale Fabrizio Cecchetti (Lega Nord) che sulla questione ha presentato a Palazzo Pirelli una mozione con la quale chiede «passi e azioni».
Lo scopo è far riconoscere la birra come prodotto agricolo e dunque fare in modo che la filiera possa essere sostenuta e aiutata anche con le politiche comunitarie. Per ora sta accadendo esattamente il contrario. A causa di una decisione presa a Bruxelles (che ha eliminato la produzione di birra dall'elenco delle produzioni agricole), i birrifici agricoli lombardi non possono chiedere i contributi previsti dal Piano di sviluppo rurale, anche se producono in proprio oltre la metà di quel che finisce nella bottiglia, dal luppolo all'orzo. I finanziamenti, appena sbloccati, darebbero, soprattutto alle aziende in start-up, un aiuto non indifferente.
La Lombardia è la prima regione in Italia per numero di aziende brassicole: 124 realtà tra micro birrifici e brew pub e due stabilimenti industriali (la Carslebrg-Poretti a Induno Olona in provincia di Varese e la Heineken a Comun Nuovo in provincia di Bergamo) con circa 4,7 milioni di consumatori lombardi.
«Numeri – sottolinea il vicepresidente Cecchetti – di tutto rispetto. Il settore sarebbe in grado di generare centinaia di posti di lavoro ma l'aumento delle accise sul prodotto rende impossibile qualsiasi progetto di sviluppo e dunque taglia possibilità di occupazione. Tra ottobre 2103 e gennaio 2015 – prosegue Cecchetti – c'è stato un incremento delle accise pari al 30%: praticamente su una birra di 66 cl si pagano 46 centesimi di tasse contro i 21,3 che pagano gli spagnoli e i 19,5 dei tedeschi. Sviluppare un settore in queste condizioni è impossibile».
In questo scenario «la birretta», che costa sempre di più, finisce per essere sempre meno richiesta, tanto che secondo una recente indagine il consumo di birra nel giro di poco tempo è calato del 3%. Nella mozione, che sarà discussa in una prossima seduta di Consiglio Regionale, Cecchetti chiede, oltre al riconoscimento della birra come prodotto agricolo (la stragrande maggioranza dei micro birrifici operano tra l'altro sulla base del principio del km zero o chilometro utile) provvedimenti per sostenere e valorizzare le aziende del settore.
«Di fronte alla riduzione delle accise - spiega il presidente di Assobirra Alberto Frausin - siamo pronti a fare la nostra parte: a generare nuova occupazione, a generare nuove imprese, a tornare ad investire nel Paese e a tornare a far crescere l'export e la vocazione internazionale delle nostre imprese. Meno tasse sulla birra sono la scelta giusta per sostenere una filiera importante dell'agroalimentare ma anche per aiutare l'Italia a ripartire». Ad esempio, con meno tasse, o con tasse uguali a quelle che si pagano in Germania, il settore brassicolo potrebbe creare 11mila posti di lavoro.
La battaglia sulle accise denuncia anche parecchie anomalie: uno perchè la birra è l'unica bevanda alcolica tartassata dallo Stato, due perché chi birrifica in Italia è fortemente penalizzato rispetto ai colleghi europei.
Il popolo
degli amanti della birra si è mobilitato negli ultimi due anni: on line è partita una raccolta di forme, una sorta di petizione intitolata «Salva la tua birra», a cui hanno aderito, a suon di like su Facebook 120mila persone.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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