Carlo Scarpa, l'architetto che inventò l'arte di esporre

Francesca Amè

Arte effimera eppure destinata a durare quella di Carlo Scarpa (1906-1978), designer, accademico e architetto che ha firmato le più belle esposizioni dell'Italia che usciva dalla guerra e si affacciava alla contemporaneità. È stato il grande allestitore, l'uomo che vestiva le mostre da non perdere, l'architetto capace di trovare l'equilibrio tra luce, scenografie, pannelli, spazi e opere anche nei musei più complessi e imponenti. Lavorò molto anche a Milano, il veneziano Scarpa: si adoperò in una Pinacoteca di Brera, in un Castello Sforzesco e in una Gam fortemente colpiti dai bombardamenti, per rendere i loro percorsi più chiari e facilmente fruibili. Ancora oggi si studiano le sue soluzioni espositive, come quella che adoperò per la grande mostra su Piet Mondrian allestita a Palazzo Reale di Milano nel '57. Una «economia del miracolo» che riuscì, con un allestimento elegante che valorizzava su singoli pannelli le opere più significative di Mondrian, a catturare in modo onesto il visitatore: pulizia formale, niente orpelli, niente drappeggi, niente pannelli con scritte indistinguibili, ma nudi divisori bianchi su pareti grattate che esaltavano i classici quadratini colorati del grande pittore svizzero. È questo solo un esempio della maestria di Carlo Scarpa, ed è dolente il confronto con molti degli allestimenti ad effetto che siamo costretti a subire. L'architetto non a caso è considerato tra il migliore allestitore di mostre in Europa e collaborò a lungo con Arturo Martini, Marcel Duchamp e Lucio Fontana. Di tutto questo parla «Carlo Scarpa.

L'arte di esporre», appena pubblicato da Johan&Levi editore: lo ha scritto Philippe Duboÿ, assistente di Carlo Scarpa nel 1976 in occasione del concorso per la trasformazione dell'Hôtel Salé in Musée Picasso, che ne discute con il pubblico domani (ore 19) alla Libreria Verso di corso di Porta Ticinese 40 insieme a Manuel Orazi e Luigi Guzzardi.

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