«La carta di debito per le aziende che aspettano soldi dallo Stato»

Centoquattordici per cento: ecco la differenza tra il 2008 e il 2012 del numero delle imprese costrette al fallimento perché vittime dei ritardi o dei mancati pagamenti da parte dello Stato. Debito della Pubblica amministrazione che si può anche tradurre concretamente in 120 miliardi di euro. Non solo: l'immissione sul mercato di somme pari all'ammontare dei debiti residui comporterebbe, tra l'altro, un effetto immediato sull'occupazione pari a 345mila nuovi lavoratori. Ulteriore segno positivo secondo le elaborazioni di uno studio dell'Università Bocconi - curato dal professor Maurizio Dallocchio – in collaborazione con Aipa, agenzia italiana per le pubbliche amministrazioni, società che gestisce la raccolta tributaria in poco più di mille Comuni. Lo studio della Bocconi offre una soluzione: la «Carta di Debito dello Stato». Una carta di credito data dallo Stato alle imprese e «circolante – sostiene Dallocchio – all'interno di un sistema basato su una camera di compensazione nazionale, dove i soggetti beneficiari possiedono un titolo spendibile, garantito da Cassa depositi prestiti o un Fondo costituito ad hoc e utilizzabile per acquisto di beni e servizi». Traduzione: la carta di credito per le imprese bypasserebbe la criticità oggi rappresentata dalla copertura finanziaria immediata dei fondi destinati al pagamento dei crediti vantati dalle imprese nei confronti dello Stato e che, in virtù del criterio di cassa che caratterizza il bilancio statale, implicherebbe uno sbilanciamento ad oggi insostenibile. Risultato che secondo Daniele Santucci, presidente di Aipa, «deve spingerci in questa direzione: Gestisco l'esazione dei tributi in comuni come Cagliari, Milano, Genova, Bari, Trieste, Bologna, Brescia, Trento, Trapani è proprio svolgendo la mia attività mi sono accorto, che le imprese sono sempre più in difficoltà, che chiedono rateizzazioni per duecento euro.

L'immissione di questa carta non sarà cosa semplice: serviranno interventi legislativi e normativi e si dovranno adottare sistemi nuovi di bilancio. Ma non rimandiamo scelte che possono contribuire a risolvere la crisi che attraversa il paese».

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