«Centrodestra rinnovato senza caccia alle streghe Via solo chi non ha voti»

Il capogruppo di Forza Italia: «Parisi è bravo Io non credo al nuovismo, conta il consenso»

Alberto Giannoni

Rinnovare il centrodestra con rispetto, «senza cacce alle streghe». Ricostruirlo partendo da un pilastro: i voti. La sua chiave di lettura è questa.

Gianluca Comazzi, 35 anni, capogruppo in Comune di Forza Italia, lei ha seguito con interesse la «Megawatt» di Stefano Parisi.

«Sì con curiosità, attenzione e umiltà. Ho sentito un entusiasmo sincero e un coinvolgimento che non vedevo da tempo. Parisi è stato molto bravo: ha utilizzato parole semplici ma ha dato una linea chiara. Per esempio sul referendum, un no chiaro».

Fra i presenti c'era anche qualcuno pronto al «sì».

«L'imbarazzo dovrebbero avercelo i presenti che voteranno sì. Ncd per esempio. Sappiamo anche che molte sigle hanno una rappresentanza minima di consenso. Per noi è fondamentale il no, poi c'è una distinzione fra Ncd lombardo e romano».

Sorpreso o imbarazzato dal fatto che, oltre al vostro popolo, ci fosse un bel pezzo di mondo centrista?

«No, io ero interessato al contenuto. Quando c'è qualcosa di nuovo si vede sempre il tentativo di saltare sul carro da parte di chi non si muove più con gambe proprie. Verrà il momento di parlare anche della classe dirigente».

Come si costruisce una classe dirigente nuova, come si rigenera un'area politica?

«Io sono contro il concetto di rottamazione, il tema non è la contrapposizione fra giovani o meno. Dico che se vogliamo ripetere l'esperienza di Milano, con un partito in salute che prende il 20% di cui quasi il 6 in preferenze, dobbiamo guardare a consenso e rappresentatività dei dirigenti. Il tema è chi rappresenta cosa, non quante legislature ha fatto. Non possiamo più permetterci di avere persone che rappresentano solo se stesse».

Lei come ha conquistato le sue 2.725 preferenze?

«Ci sono falsi miti sul consenso. Qualcuno pensa che chi prende preferenze non abbia qualità o competenze. Oppure si evoca il voto clientelare. Ma quanti casi di voto di scambio accertati ci sono stati, a fronte di migliaia di amministratori locali? Io dico che le preferenze si prendono consumando le suole delle scarpe, ascoltando i cittadini. In Forza Italia ci sono dirigenti che hanno avuto il coraggio di misurarsi e prendere tanti voti. Mariastella Gelmini, Giovanni Toti, Mara Carfagna».

Alcuni erano a Megawatt...

«Tanti alle Comunali hanno dimostrato di valere molto in questo senso. In Forza Italia Pietro Tatarella, Silvia Sardone, Fabrizio De Pasquale che ha una sua storia, e altri. Ma anche Matteo Forte in Milano popolare».

Quindi chi ha capacità di rappresentanza e consenso non ha niente da temere?

«Niente da temere. Bene il rinnovamento ma con rispetto, no a una caccia alle streghe».

È l'idea anche di Parisi?

«Non lo so. Mia sicuramente. Ma Parisi ha mandato un messaggio al territorio: chi ha voti e consenso è giusto che continui a far politica».

Preoccupato dalla freddezza dei leghisti per Parisi?

«No, c'era Pontida. Salvini è bravo a caricare la sua gente. Ma nessun partito del 12% può andare solo, a meno che non voglia fare solo testimonianza. La Lega la conosciamo: c'è quella di protesta e quella di governo. Da una parte Matteo Salvini e dall'altro Roberto Maroni e Luca Zaia».

Per il Pd nel «Patto per Milano» ci sono soldi veri.

«Renzi non si è mai visto. Il fatto che sia a Milano ogni mese fa pensare che utilizzi l'unica città importante in mano al Pd per fare campagna al sì.

L' avvio di Sala?

«È presto per dare un giudizio.

Di Sala apprezzo lo sforzo di superare l'approccio dirigista di Pisapia. Ma cose concrete ne ho viste poche, mi sembra che producano poco, in Consiglio non arrivano delibere. E su alcuni temi, come i migranti, la linea che prevale è quella assistenzialista di Majorino».

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