"Chiusure del governo a casaccio. Un danno per sanità e imprese"

Aziende infuriate per l'incertezza e le misure intermittenti Confcommercio e Confesercenti: "Non sappiamo cosa fare"

"Chiusure del governo a casaccio. Un danno per sanità e imprese"

Preoccupati, arrabbiati, scoraggiati dall'incertezza e da misure cervellotiche, spesso impossibili da attuare. Commercianti ed esercenti pubblici non sanno più che fare. Dopo mesi a dir poco difficili è arrivata la seconda ondata, con relativi lockdown, e ora che la situazione pareva migliorata al punto da consentire una boccata d'ossigeno, ecco la nuova mazzata di misure intermittenti, arrivate dopo un'incertezza che si è protratta fino a ieri. «Un lockdown tra Natale, Capodanno ed Epifania sarebbe l'ennesima ferita mortale per il settore del commercio - aveva detto prima delle misure Andrea Painini, presidente di Confedercenti Milano - Questo apri e chiudi crea sconcerto e frustrazione: è impossibile gestire il rapporto con dipendenti e fornitori». E anche nel giorno degli annunci, la valutazione non è certo cambiata. «Le anticipazioni hanno effetto devastante - ha detto ieri - influiscono sulle decisioni delle persone, molti hanno dovuto rifiutare le prenotazioni, non si riesce a pianificare niente, siamo in un limbo totale. Noi siamo parte della società, ma come settore adesso siamo nella categoria dei nuovi poveri, fra un po' avremo bisogno degli assistenti sociali, anche le realtà capitalizzate stanno finendo le scorte. Siamo una barca che ondeggia in mezzo al mare e i ristori sono pezze calde. C'è senso di frustrazione, annichilimento. Che si tuteli la salute, certo, ma tutelando la serenità dei cittadini. Invece questo stop and go non aiuta né gli esercenti né il quadro sanitario, la sensazione è che si tiri a caso».

«Già è complicatissimo per le famiglie e i consumatori capire dove acquistare - osserva Marco Barbieri, segretario di Confcommercio Milano - immaginate per chi deve fare impresa. Non si può andare avanti al buio». Il senso di precarietà ora grava in particolare sui ristoratori. «Il problema è l'incertezza e sono provvedimenti normativi che cambiano dalle 24 ore alle settimana. Le stabiliscono, poi le cambiano, ma le imprese non sono interruttori da mettere su on e off, devono fare acquisti, lavorano con merce deperibile. Questa incertezza non fa bene né alle imprese né al Paese. A oggi, inoltre, non risulta un solo focolaio partito da bar, ristoranti o negozi, eppure si pensa sempre di risolvere tutto con la chiusura, e con indennizzi che sono irrisori, arrivano a dopo molto tempo e con procedure complesse. Facile dire chiudete, noi siamo quelli che pagano sempre».

E non è solo l'incertezza e la complessità delle misure il problema: «Spesso sono incomprensibili, vedi centri commerciali chiusi, o contraddittorie fra i vari livelli, per esempio i saldi partono il 5, non so se al governo ne siano a conoscenza, o contraddittorie per contenuto, per esempio si esce dalla zona rossa, si adottano incentivi per i consumi e poi ci si stupisce se la gente esce di casa, per passeggiare badate bene, più che per acquistare, visto in quella domenica che siamo passati da -80% a -60%».

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