La collezionista che inventò il '900

La collezionista che inventò il '900

La storia dell'arte è fatta di persone che hanno dedicato sè stesse allo sviluppo della cultura. Non solo artisti ma anche appassionati, intellettuali, critici e mercanti. A Milano una figura chiave per la diffusione dell'arte italiana del '900 è stata Claudia Gian Ferrari, gallerista e storica, autrice di importanti mostre che hanno reso pubblica l'importantissima collezione in parte ereditata dal padre, in parte accresciuta dalle sue appassionate ricerche. Il Museo del Novecento diretto da Marina Pugliese, che già detiene il ricco fondo archivistico e la biblioteca appartenuta alla famiglia, ha giustamente deciso di renderle degno omaggio con una mostra che apre un ciclo di appuntamenti dedicati alle grandi collezioni milanesi. Quella che ha appena inaugurato all'Arengario espone anche una serie di opere recentemente donazione dalla Fondazione e che entrano a far parte della collezione del museo. Le 15 opere appena donate sono firmate da alcune tra le maggiori personalità dell'arte italiana del dopoguerra, da Manzoni ad Agnetti, da Parmiggiani a Calzolari, Lucio Fontana, da Piero Manzoni a Giulio Paolini a Gilberto Zorio. L'esposizione a cura di Danka Giacon si avvale di un suggestivo allestimento dell'archistar Daniel Libeskind il quale, orfano del museo contemporaneo di Milano, «si è volentieri concesso visto che conosceva e apprezzava Claudia» ricorda Marina Pugliese. In mostra alcuni degli artisti che hanno reso blasone ad una collezione privata che è tra le più ricche sul periodo tra le due guerre mondiali. Immancabile Arturo Martini rappresentato dalla scultura Ofelia e ancor più immancabili i dipinti di Mario Sironi, Fausto Pirandello, Filippo De Pisis e Giorgio Morandi. In mostra anche una chicca, ovvero alcuni dei rocamboleschi abiti che la Gian Ferrari, scomparsa circa tre anni fa, amava indossare e che sono stati anch'essi donati questa volta al Museo della Moda di palazzo Morando. Il museo inaugura la nuova stagione espositiva anche con un'altra interessante mostra curata negli archivi del Novecento da Marco Meneguzzo e intitolata «Programmare l'arte. Olivetti e le neoavanguardie cinetiche». Una mostra, quest'ultima, che riprende a mezzo secolo di distanza l'esposizione che ebbe luogo nel 1962 nei negozi Olivetti di Milano e Venezia a cura di Bruno Munari. Questa volta presenta una selezione di oggetti cinetici e materiale grafico di Bruno Munari, Enzo Mari, Getullio Alviani e il «Gruppo N».

«Queste due mostre dimostrano quanto il Museo del Novecento sia vivo, capace di accogliere nuove collezioni e nuove opere, e sia anche in grado di mettersi in gioco senza perdere la sua attenzione verso il Novecento, che è il nocciolo della sua identità», ha dichiarato l'assessore alla Cultura Stefano Boeri.

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