Cronaca locale

Così la capitale dell'editoria puntò sul «giovane favoloso»

Alla Sormani gli anni milanesi di Leopardi. Quando «Il Nuovo Ricoglitore» pubblicò l'inedito «Infinito»

Simone Finotti

Il colle Tabor, Recanati alle sue pendici, in lontananza gli Appennini e il mare, ai due lati opposti dell'«ultimo orizzonte». E poi la siepe. Il vento. Gli spazi senza fine dell'immaginazione. Sono questi i paesaggi, geografici e interiori, che ancor oggi, a duecento anni esatti dalla sua composizione, rendono unico l'Infinito, l'idillio del 1819 che è forse la lirica più celebre dell'intera poesia italiana (e non solo). D'accordo. Ma in tutto questo Milano che c'entra? Ebbene, anche la nostra città il suo ruolo ce l'ha, e tutt'altro che marginale: proprio qui, infatti, quei quindici incantevoli versi trovarono la loro prima veste tipografica sulla rivista Il Nuovo Ricoglitore, dell'editore Antonio Fortunato Stella. Era il 1825 e Giacomo era stato chiamato all'ombra della Madonnina per dirigere un'edizione delle opere di Cicerone. Non fu un soggiorno semplice, e d'altra parte ce ne fu qualcuno, prima dell'ultima stagione napoletana? «Io vivo qui poco volentieri e per lo più in casa, perché Milano è veramente insociale, e non avendo affari, e non volendo darsi alla pura galanteria, non vi si può fare altra vita che quella del letterato solitario», si legge in una lettera a Carlo Antici del 20 agosto. Tuttavia, pur non apprezzando il clima, meteorologico e culturale (troppa venerazione per l'austero Vincenzo Monti), e pur avvertendo «la disgrazia di essere profondamente disprezzato nella dotta e grassa Lombardia» (così scrisse allo Stella il 12 marzo 1826), Leopardi non poté che riconoscere di trovarsi in uno dei maggiori centri dell'editoria italiana ed europea. Il che fu fondamentale per la diffusione dei suoi scritti, a partire proprio dall'Infinito. Da qui l'idea di rendere omaggio al poeta e alla sua opera, nel bicentenario della composizione, con la mostra «Giacomo Leopardi. Infinito incanto», curata da William Spaggiari, ordinario di letteratura italiana alla Statale, e aperta fino all'8 febbraio 2020 alla Biblioteca Sormani (ingresso libero, catalogo Silvana Editoriale). È l'occasione per conoscere meglio il poco noto Fondo leopardiano: edizioni a stampa e manoscritti, lettere autografe provenienti dalla Braidense e dall'Archivio di Stato, oltre a dipinti e stampe di luoghi, personaggi e momenti della Milano ottocentesca che arrivano da varie raccolte cittadine come la «Achille Bertarelli» del Castello Sforzesco, Palazzo Morando, Palazzo Moriggia Museo del Risorgimento e Casa Manzoni. Curiosa la sezione che propone traduzioni in milanese de L'Infinito realizzate da «I Poeti della Meneghina». Nella Sala del Grechetto è in programma anche un ciclo di incontri, fino a fine gennaio, per approfondire i temi della mostra e delineare in un quadro più ampio l'esperienza biografica e poetica di Leopardi. Primo appuntamento il 22 novembre alle 17.30 con «Un sistema dinamico e complesso», a cura di Patrizia Landi, Istituto di Alti Studi per Mediatori linguistici Carlo Bo. Orari Lunedì venerdì 15-19, Sabato 9.-12.30.

Chiuso domenica e festivi.

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