Antonio Lodetti
Era la star del Greenwich Village quando Bob Dylan non era ancora nessuno. Con la sua voce piena e avvolgente e la sua chitarra gentile cantava gli inni di protesta e le canzoni sociali ispirandosi ai miti di Pete Seeger e Woody Guthrie. Era bellissima (di una bellezza che abbagliava) e bravissima e fu una scoperta sensazionale nel mondo musicale in fermento di fine anni Cinquanta.
Ora Joan Baez compie 75 anni ma tutte le sue qualità sono rimaste magicamente intatte; la voce tesa e intensa, il carattere deciso ma al tempo stesso gentile e soprattutto la bellezza, con un viso splendente incorniciato da candidi capelli bianchi e corti (un tempo era nota per la sua lunga chioma corvina che fece girare la testa persino a Dylan). Joan Baez festeggia i suoi 75 anni con un doppio album dal vivo, 75th Birthday Celebration ricco di star che hanno condiviso il suo cammino di pasionaria folk.
Ci sono David Crosby, che non molla (da solo o con Stills, Nash e Young) la bandiera del pacifismo militante, c'è l'eroe degli anni '70 David Bromberg (chitarrista raffinato che ha portato al successo la splendida ballata Mr Bojangles oltre a molti dischi di ottima qualità e che oggi fa il liutaio), c'è Paul Simon (che interpreta in duetto The Boxer con Joan), c'è Jackson Browne, il vate del folk inglese Richard Thompson e tantissimi altri fino ad arrivare al giovane Damien Rice.
Joan festeggia anche con una serie di concerti dal vivo (non ha mai smesso di spendersi sui palcoscenici di tutto il mondo) e stasera si esibirà a Villa Arconati per regalare - come sempre - intense ballate, momenti di puro folk venati di country in «An evening with Joan Baez».
Joan incide il primo album nella sala da ballo dell'Hotel Manhattan Towers di New York. Un disco che contiene classici del folk americano come Silver Dagger ma anche brani anomali per l'epoca come El preso numero nueve. Risultato? 140 settimane in classifica e la nascita della regina (o della pasionaria) del folk, superando i blasonati colleghi uomini armati di chitarra. Non è cambiato il suo spirito da quando faceva impazzire il Greenwich Village e i teatri off, da quando dominò Woodstock con brani come Joe Hill e Drug Store Truck Drivin' Man (dei Byrds) dedicata polemicamente a Ronald Reagan (allora governatore della California), dal suo sodalizio (amoroso e artistico) con Dylan ai duetti con lui nella gloriosa Deportee (tratta dalla tournée di Hard Rain, da cui è stato tratto anche uno strepitoso film in cui tra l'altro Bob e Joan interpretano Deportee a due voci e due chitarre, meravigliosa) dalle ultime esibizioni che la vedono ispirata e convinta interpretare una valanga di classici (ha un repertorio immenso che spazia da Gracias a la vida a Blowin' In the Wind, dall'antica ballad Seven Curses al classico sudista di The Band The Night They Drove Old Dixie Down) per raccontarsi e raccontare il mondo.
Per questo, l'«usignolo di Woodstock» ha un pubblico inevitabilmente di una certa età ma allo stesso tempo trasversale perché la sincerità del suo messaggio colpisce anche i giovani.
«Abbiamo combattuto e lottato per i diritti civili negli anni Sessanta - ricorda Joan - ma oggi ci sono ancora tante cause per cui battersi, in tutto il mondo ci sono ancora guerre ingiustizia e razzismo». Infatti in concerto dedica Hiroshima, tratta da una poesia del poeta turco Nâzim Hikmet. Joan è accompagnata dal polistrumentista Dirk Powell e dal figlio Gabriel Harris alle percussioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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