Eni investe due miliardi per aiutare l'Africa

L'ad Descalzi: «Stiamo portando l'elettricità nei paesi più poveri»

Maria SorbiVa bene l'accoglienza dei profughi, ma per aiutare realmente i paesi africani in difficoltà è necessario un intervento «in loco». Questa la politica di solidarietà messa in campo da Eni che, presente con i suoi pozzi in parecchi villaggi, ha deciso di investire 2 miliardi di euro per portare l'energia elettrica tra le case. In particolar modo il gruppo ha provveduto a coprire il 65 per cento dell'energia in Congo, il 20 per cento in Nigeria e sta portando avanti progetti per costruire centrali elettriche in Angola e Mozambico».«Senza elettricità - spiega l'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi - un popolo non può crescere né svilupparsi. L'Africa, pur rappresentando un quarto della popolazione mondiale, usa solo il 3% dell'energia mondiale. Nella parte subsahriana del Paese 650 milioni di persone su 900 milioni sono senza accesso all'energia, mentre 700 milioni usano biomasse che inquinano e sono pericolose per la salute». Una linea, quella di Eni, che sembra funzionare meglio di tante altre dichiarazioni d'intenti. L'occasione per riflettere sui modi reali con cui aiutare la crescita dei paesi di provenienza dei profughi è stato il dibattito organizzato dalla fondazione Avsi per rilanciare la Campagna Tende: un momento di confronto tra il mondo delle imprese e della società civile su come vivere, ognuno in base alle proprie competenze, quello che Papa Francesco ha definito non un'emergenza ma «un cambiamento d'epoca» dovuto alle migrazioni forzate. «Dobbiamo agire in base ai valori e non in base all'egoismo - sostiene Descalzi - Dal canto nostro, oltre a costruire profitti, coltiviamo anche valori. basta egoismo, l'Europa faccia di più». Nel mondo ci sono 59,5 milioni di migranti forzati, solo nel 2014 i profughi che hanno abbandonato i loro Paesi per tentare di costruirsi una nuova vita altrove sono stati 8 milioni, il numero più alto dalla seconda guerra mondiale. L'86 per cento di questi rifugiati viene accolto in Paesi in via di sviluppo, il 10 per cento in Europa e il 3 per cento in Italia. «Milano sul tema dell'accoglienza ha dato un segnale forte di assunzione di responsabilità, senza guardare al consenso - è intervenuto il sindaco, Giuliano Pisapia - In questi ultimi due anni la città ha accolto, insieme al terzo settore, oltre 84mila persone che scappavano dalla guerra, di cui 11.400 erano bambini». Le comunità secondo il sindaco «si devono mobilitare a tutti i livelli, aiutare i profughi nei loro Paesi, nei campi profughi all'estero e nelle proprie città», come è avvenuto a Milano.

E a volte bastano anche piccoli gesti per fare la propria parte. A Natale il sindaco Pisapia ha anche deciso di donare ai bambini dei profughi i giochi e i regali destinati ai suoi nipoti. Il vicario episcopale di Milano Luca Bressan sprona a non essere indifferenti sulla questione.

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