Cronaca locale

Da Garibaldi a Hemingway: la storia si cura al Policlinico

Nei letti dell'ospedale milanese molti personaggi eccellenti E Napoleone ci porta i soldati feriti nella battaglia di Lodi

Da Garibaldi a Hemingway: la storia si cura al Policlinico

La storia delle corsie del Policlinico di Milano si intreccia con quella ufficiale, con i nomi e le battaglie finite sui libri di testo, con quella degli eroi nazionali e degli scrittori. Nei letti e nelle sale visite dell'ospedale sono transitati personaggi del calibro di Garibaldi, Napoleone, Hemingway. E parecchi medici del passato sono stati citati nelle opere letterarie che tutti, da sempre, abbiamo nella libreria di casa. «Negli archivi dell'ospedale - racconta il responsabile dei beni culturali della Fondazione, Paolo Galimberti - c'è poca documentazione medico sanitaria. Ce n'è molta di più legata all'arte, all'architettura, alla storia». E tra l'immenso patrimonio spunta anche la bozza corretta di un sonetto che Giacomo Leopardi spedisce al suo editore Stella: è arrivata assieme all'eredità donata da un benefattore.

Quando Ernest Hemingway si presta come volontario durante la Prima guerra mondiale e viene messo a guidare le ambulanze, rimane ferito e viene ricoverato all'ospedale della Croce Rossa americana allestito in piazza Cordusio. Ma chiede di essere operato dal miglior chirurgo della città e si rivolge a Baldo Rossi, primario del padiglione Litta del Policlinico. È così soddisfatto della professionalità del medico che lo cita sia nei «Quarantanove racconti» sia in «Addio alle armi», dove compare con il nome di fantasia di dottor Valentini in un ragionamento su chi fa il proprio lavoro con serietà e chi no, distinguendo fra «iniziati e non iniziati».

Ma facciamo un salto indietro nella storia, al 1796: Napoleone è impegnato con la battaglia di Lodi ed entra a Milano il 16 maggio assieme all'Armata d'Italia. Al Policlinico ricovera i suoi soldati feriti, talmente tanti che, nei documenti tuttora conservati negli archivi, si parla di «corsie che rigurgitavano». Per ringraziare l'ospedale del soccorso prestato, il condottiero dona il collegio elvetico di via Senato (aveva da poco soppresso gli ordini religiosi). Ma l'istituto, che ora è sede dell'Archivio di Stato, non era suo, lo aveva semplicemente occupato per farne la sede del Senato napoleonico. Quello che lascia in eredità realmente sono la cascina Mirasole e gli ettari di terreni lì attorno, dove oggi il Policlinico coltiva prodotti propri da vendere e servire sul vassoio dei malati.

Il direttore medico Andrea Verga, nel 1854 suggerisce all'imperatore Ferdinando II di far chiudere la mini Darsena (di via Laghetto) accanto al Duomo per motivi igienici definendolo una «pozza maleodorante». Quando Garibaldi «fu ferito» nel 1862 durante la battaglia in Aspromonte, viene curato dal celebre medico Ambrogio De Marchi Gherini, amico di Giuseppe Mazzini, che dal 1839 al 1873 presta la sua opera di chirurgo presso l'ospedale Maggiore, dove è il primo a sperimentare con successo, e quindi a introdurre, l'uso dell'anestesia generale con etere e cloroformio.

Passiamo a un altro capitolo della storia dell'ospedale: quello legato ad Alessandro Manzoni. L'autore pare non essere mai stato ricoverato. Ma negli archivi è ancora conservato un suo biglietto che fa recapitare, assieme a una donazione, «alla signora Besana, crociera degli scalini». La signora Besana fa parte della Pia unione di beneficenza che tuttora esiste e che raduna un'ottantina di volontarie.

Non solo, Manzoni nei Promessi Sposi cita il medico Alessandro Tadino del Policlinico come colui che riconobbe i sintomi della «peste di San Carlo». Dando un'accelerata fino alla storia moderna, le mura del Policlinico hanno anche fatto da testimoni ai fatti più recenti. Il 19 novembre 1969, circa un mese prima dalla strage di piazza Fontana, l'agente di polizia Antonio Annarumma, prima vittima degli Anni di Piombo, viene ricoverato d'urgenza dopo gli scontro in via Larga durante la manifestazione dell'Unione comunisti e del Movimento studentesco.

E anche quella pagina di cronaca è raccontata tra le barelle e le sale operatorie dell'ospedale voluto da Francesco Sforza.

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