«Non ho nessuna intenzione di rompere, l'ho confermato al sottosegretario Giorgetti che mi cercato stamattina (ieri, ndr.) ed è il messaggio che ho voluto trasmettere agli esponenti del Cio con cui ho consolidato rapporti». La candidatura a tre punte, Torino-Milano-Cortina, alle Olimpiadi invernali del 2026 approvata due giorni fa dal Coni e stroncata nelle prime ore sia dalla sindaca M5S Chiara Appendino che da Beppe Sala «deve avere le gambe per camminare, ma sono certo c'è ancora per mediare. Spero che questo polverone si depositi poi noi siamo disponibili a discutere, una scelta unitaria sia può ancora fare».
Dopo i tweet di fuoco e la lettera con cui a poche ore dalla giunta del Coni mercoledì il sindaco comunicava a Giovanni Malagò l'intenzione di non partecipare alla governance dei Giochi («siamo disponibili solo a ospitare gare ed eventi»), ieri Sala ha ribadito i punti ma ha gettato acqua sul fuoco. Ha voluto ribadire che Milano «non ha bisogno delle Olimpiadi» per realizzare gli impianti sportivi previsti nel dossier, e ieri ha parlato non a caso a Palazzo Marino accanto all'assessore all'Urbanistica Pierfrancesco Maran e ai vertici di Landlease e Risanamento spa che all'interno del progetto Santa Giulia realizzeranno «molto prima del 2026» un'arena da 18mila posti per concerti, alternativa al Forum di Assago, che - in caso di partecipazione alle Olimpiadi - potrà essere adattata ad ospitare le gare di short track e pattinaggio artistico (col contributo pubblico di 11 milioni di euro). Sala ha voluto puntualizzare che - semmai - l'Italia ha bisogno di Milano per vincere. Ha citato ad esempio le prossime sedi dei Giochi estivi o invernali, Tokyo, Pechino, Parigi, Los Angeles. «Quando sento dire da Roma - contesta - che forse ci sarà un concorso per scegliere il nome dico che si sta sbagliando qualcosa, non si sfrutta il nostro brand, i punti di forza a livello globale. Possiamo anche trovare una sigla ma Milano deve essere il nome prioritario, deve essere evidente che è la sede principale». Per rendere meglio il messaggio fa sapere che ha «offerto di ospitare qui gli uffici» della futura società di gestione. Anche se ha appena ribadito che «nella situazione attuale» non ci sono le condizioni per partecipare alla governance senza che sia chi guida la catena di comando. «Vi garantisco che con Expo non è stato semplice confrontarsi con azionisti come città e Regione. Mi chiedo - sottolinea - in che condizione sarà la persona che sceglieranno che dovrà convincere Giunta e consigli di tre Comuni e di tre Regioni. Tre realtà che abbiamo visto avere enormi distinguo tra loro. A chi si riferirà? Chi saranno i mandanti? Nel momento in cui ci sono interessi locali, è giusto che i Consigli comunali eregionali dicano la loro». Poi ammette «sono d'accordo con Malagò quando dice che stiamo ancora partecipando a una competizione, non abbiamo già vinto i Giochi». Come a dire che molto si potrà ridiscutere. E a Giorgetti che «ci chiede di andare tutti e tre i sindaci a un incontro per capire se si trova una proposta più forte» ho dato la mia disponibilità quando vuole, anche dopo le vacanze se il governo vorrà. L'atteggiamento di Milano non è arrogante, non vogliamo fare i pierini, ma abbiamo delle valenze e chiediamo di utilizzarle». E ribadisce: «Voglio credere in una candidatura unitaria. Perché per non scontentare nessuno si scontentano tutti. Si faccia un atto di coraggio». Nel dossier approvato dal Coni (grafico in alto) Milano incasserebbe comunque 142 milioni di opere, 228 in tutta la Lombardia.
Il governatore Attilio Fontana rimane in silenzio. Solo in una battuta al TgR Lombardia mercoledì ha dichiarato: «Valutiamo come ha detto Sala, noi come sempre da bravi soldatini siamo a disposizione.
Il capogruppo di Fi Fabrizio De Pasquale difende la linea del sindaco: «Dopo aver affidato al Coni il compito di scegliere la candidata italiana il governo ha imposto allo stesso Coni una soluzione salomonica, una non decisione. La compattezza politica, l'esperienza e l'efficienza dimostrate da Milano a nulla valgono di fronte agli equilibrismi politici di chi nella vita non ha mai organizzato nulla».Chiara Campo
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