La giunta arancione in crisi non sa come reinventarsi

Per una volta, Franco D'Alfonso trova consensi tra i consiglieri della sua maggioranza. Dopo mesi di liti e accuse (non proprio gratuite, vedi il pasticcio del gelato vietato dopo mezzanotte) a ogni mossa dell'assessore al Commercio, citato come il braccio destro del sindaco Pisapia, la squadra non può contraddirlo. In un articolo ieri sul Corriere della Sera, D'Alfonso ha ammesso: «O diamo un colpo di reni ora o mai più», serve «un programma civico di fine legislatura per lo sviluppo della città» con «un progetto e un consenso politico tutto da ricostruire». Come dargli torto. Se fuori virgolette qualche esponente della maggioranza rimarca che forse, a questo calo del consenso hanno contribuito non poco certe uscite e provvedimenti dell'assessore, è difficile negare che dall'aumento del biglietto Atm prima e sugli abbonamenti poi alla stangata Irpef, la famosa «rivoluzione arancione» rischia di passare alla storia milanese solo per il record delle tasse. E la rabbia anche a sinistra (basta ascoltare su Radio Popolare le telefonate a microfoni aperti, un pubblico teoricamente vicino al sindaco) o si contiene subito o si pagherà alle urne. «Serve un colpo di reni ha ragione - ammette il consigliere di Sel e presidente della Commissione Sicurezza Mirko Mazzali -, per dirla in gergo calcistico, siamo al secondo tempo e dobbiamo giocare una partita all'attacco. Finora forse è mancato un pò di coraggio». Concorda Roberto Biscardini, consigliere socialista del Pd, sul programma di fine legislatura e sul colpo di reni: « Finalmente si incomincia a prendere atto delle proprie debolezze. I milanesi hanno bisogno di cose concrete e interventi urgenti per consentire alla città quel salto di qualità che finora è mancato». Ma «non illudiamoci che possa essere la città metropolitana, su cui c'è molta diffidenza, a risolvere i problemi. Vogliono vedere un Comune che fa le cose oggi». Tra le ricette elaborate da D'Alfonso per il rilancio: città metropolitana appunto - magari guidata da Pisapia? -, le smart city, una immobiliare per gestire il patrimonio. Obiettivi (forse) non così sentiti da chi fa i conti con la crisi.
Provano a battere un colpo anche i Comitati x Pisapia, le famose truppe arancione della campagna elettorale che dopo due anni e mezzo sono spariti dalla scena, salvo qualche iniziativa nelle zone. Due giorni fa si sono riuniti in «assembla plenaria» all'ArciBellezza per darsi un senso e un futuro. «I comitati non possono essere utili solo in campagna - ammette Mazzali che ha partecipato - è mancata forse in questi anni la forza propulsiva-propositiva che potevano avere. Quando manca una cosa non è però sempre colpa di una sola parte». Non sono un partito e non hanno eletto propri esponenti, malumori sono emersi per lo scarso ascolto da parte dei consiglieri di zona o dei funzionari.

Su Facebook qualche ex militante lo chiama un «tentativo di rianimazione fuori tempo massimo: quei comitati, a cui ho partecipato con passione, sono morti da un pezzo». Per un altro «sono diventati un simulacro della cosiddetta partecipazione popolare». Fino alla prossima campagna?

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