Il chiostro della Fondazione Stelline, in corso Magenta, è un luogo dove l'arte antica incontra quella contemporanea: difficile che il visitatore, anche quello di passaggio, non sia catturato dal suo fascino. Davanti c'è Santa Maria alle Grazie, con il Cenacolo, Palazzo delle Stelline è un esempio di rigore architettonico (e di quiete nel cuore di Milano) e open air sono ospitate sovente mostre interessanti. Come quella, in corso fino al 13 gennaio, di Maria Cristina Carlini.
Complice la luce nitida di queste giornate, le opere dell'artista paiono ipnotiche: nel chiostro della Magnolia e nel giardino ci sono alcune sue opere monumentali, come l'essenziale «Torre di Babele» che¸ terminata la scorsa estate, è un misto di malta, legno e polistirolo. Con il candido «Giardino di pietra», che pare di marmo ma invece è in acciaio rivestito di resina bianchissima, la torre ci racconta di una scultrice attenta alle forme totemiche. Con «Genesi», formata da quatto tondi in ferro e grès pieni d'acqua posti nel giardino, la scultrice, natali varesini, una vita nomade e poi studio a Milano, ci racconta il suo mondo fatto di materia, di concretezza, di sostanza. Quella del chiostro della Magnolia è solo una tappa della mostra «Maria Cristina Carlini. Opere»: curata da Flaminio Gualdoni, si articola in due sedi attente alle espressioni più originali dell'arte contemporanea. Oltre alla Fondazione Stelline, i lavori della scultrice sono in mostra alla Fondazione Mudima (fino al 22 dicembre, in via Tadino 26, ingresso libero, catalogo Mudima). E' una monografica dove sono presenti, oltre ai lavori monumentali accolti nel chiostro, anche sculture di medie dimensioni: la costante ricerca materica dell'artista è ben testimoniata dalla varietà delle tecniche esposte e soprattutto dei materiali. E se proprio volessimo trovare un fil rouge che lega le diverse realizzazioni dell'artista, questo sta tutto nella materia: l'amato grès ma poi anche l'acciaio, la resina, la lamiera, il ferro.
Donna faber nel senso più classico del termine, Maria Cristina Carlini lascia che sia la materia a parlare per lei: accade in modo particolare con alcuni inediti, ora in mostra e da poco terminati. Tra i più significativi, «Legni»¸ installazione verticale lignea, solo all'apparenza fragile, e «Chernobyl», dove fasci di ferro simili ad alberi alti oltre tre metri e tristemente privi di vita suggeriscono il dramma della natura che, ieri come oggi, si ribella all'uomo.
Venerdì prossimo alla Fondazione Mudima il musicista Filippo Monico e la danzatrice Cristina Negro eseguiranno una performance di musica e danza complice l'opera in ferro Chernobyl di Maria Cristina Carlini, 90 alberi inediti alti oltre 320 cm. La scultura sarà «suonata» e reinventata.
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