Immigrati e diseredati. La giornata particolare di una Milano diversa

L'orgoglio dei sudamericani in via Salomone. La speranza dei musulmani ospiti in Duomo

Immigrati e diseredati. La giornata particolare  di una Milano diversa

Le case popolari e il carcere, le periferie sociali e quelle «esistenziali». C'è una Milano tutta sua che aspetta Francesco. Una Milano diversa dalla città dell'Expo e dei nuovi lavori, delle start-up e delle opportunità. Una città che chi amministra non capisce più. La Milano dei milanesi anziani, degli italiani poveri e soli, delle case popolari, delle parrocchie di periferia che diventano baluardi e trincee, davanti alla minacce che incombono sui giovani.

È una giornata particolare di speranza e di riscatto per tanti, milanesi o no. Dalla finestra di uno dei casermoni di via Salomone pende una bandiera argentina. Nel piazzale del parco Galli, striscioni e vessilli colorati: piccoli gruppi di sudamericani vivono il loro giorno più importante. Quello dell'orgoglio. Intanto in Duomo siede in prima fila l'imam della moschea di via Padova Mahmoud Asfa, che ha scritto al Papa chiedendogli di sostenere la sua battaglia per la moschea. Ieri l'ha consegnata nelle sue mani: «Momenti di gioia, serenità e pace - dice - A nome della comunità musulmana di Milano». Per il suo centro islamico questa è un'occasione irripetibile. In via Lombroso sono appena passate le sei del mattino e il sole non si intravede neanche, coperto com'è da una nebbia che sembra voler resistere. Una giovane mamma colombiana, con passo svelto, tiene la mano al suo bimbo, che non smette di parlare, raccontandole della scuola e degli amici. Passano veloci davanti all'enorme Ortomercato e con due ore di anticipo sull'arrivo programmato del Papa sono già davanti alle Case bianche. L'impatto, complice la nebbia, lascia intravedere una realtà di disagi e problemi. Ma l'immagine non è quella del degrado dilagante. Qualcuno dice: «È al Corvetto che sono messi male». Sarà per l'arrivo del Papa, ma il verde appare decentemente curato, come i giochi per i bimbi. Le strade piuttosto pulite. Ma oggi non fa testo. Il titolare di un piccolo bar che dà sul parco oggi lavora di più con le colazioni ma non si è svegliato prima del solito, per lui la giornata inizia sempre alle 3: lavora con i ragazzi dei mercati generali. Ed è scettico: «Qualcosa cambierà? Speriamo» sorride. Una cliente taglia corto: «Da domani saremo la fogna che eravamo fino a ieri».

Il presidente del Consiglio municipale, Oscar Strano, è nato e cresciuto qui alla «Trecca», dove ha fondato un comitato di inquilini: «Salomone rinasce». E lo ammette: «Un ghetto? Mi fa male ma è così». Sa bene che dietro la sistemata dell'ultima ora, i problemi restano: «Non si sono visti - dice - i portoni sfondati, i citofoni sradicati da quattro anni, le mura che cedono, colonne portanti crepate o i soffitti con infiltrazioni d'acqua, i pezzi di muro che cadono dal tetto. E poi parti comuni con masserizie, topi, siringhe, eccetera». «Hanno coperto e un po' sistemato i portoni dove è salito il Papa, ma il velo di decenza dato resta una maschera». Però - avverte - la Trecca è anche «una fucina di umanità, di bontà». «Non è solo un ghetto».

Quei palazzoni sono stati tirati su di fretta negli anni Cinquanta.

E dieci anni fa, quando si è presentata l'occasione di rifarli di sana pianta, non è stata sfruttata, anche per la scarsa lungimiranza di qualcuno che rappresentava i residenti. Un'occasione persa, questa, che difficilmente si ripresenterà. Alle 8 e 40 Francesco arriva, proprio quando la nebbia si dirada per far spazio al sole. Almeno oggi è una bella giornata in via Salomone.

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