Succede che un giorno (giovedì) ti arrivi una notifica sul telefono dall'app Immuni. È un messaggio urgente, scritto in rosso, lo apri: «Sei stato a contatto con una persona positiva al Covid. Chiama il tuo medico di base per capire cosa fare». A., 40 anni, ha un nuovo telefono da una quindicina di giorni, tra le prime app che scarica c'è «Immuni» perché crede che sia giusto farlo. «È semplicissimo, non chiede nessuna informazione personale e poi quasi ti dimentichi di averla». Ma un giorno, mentre è in studio con i colleghi, arriva il messaggio. A. prende tutte le sue cose, si mette la mascherina e va a casa in isolamento: il 23 settembre, a quanto pare, è stata in contatto con una persona positiva. Nel frattempo chiama il suo compagno, G. anche lui freelance, che controlla immediatamente il telefono. Anche a lui è arrivato lo stesso avviso: il 25 settembre è stato a stretto contatto con un positivo. Chiamano il medico di base: l'indicazione è quella di rimanere in isolamento 14 giorni dalla data del possibile contagio («potrebbe venire qualcuno a controllare che lei sia effettivamente a casa» l'avvertimento), vengono segnalati alla Ats, ma è impossibile fare il tampone, bisogna aspettare di arrivare alla scadenza della quarantena. A. e G. che sono conviventi, controllano sul sito il funzionamento di Immuni, per capire meglio quando e come possa essere avvenuto l'eventuale contagio. Due giorni diversi, con persone diverse, anche se l'app non indica né il luogo, né l'ora in cui è accaduto. Sembra che il sistema non sia «intelligente»: non è in grado di rilevare eventuali barriere. «Immuni non considera eventuali barriere o dispositivi di protezione presenti - si legge tra le risposte alle faq sul sito ufficiale - La ricezione di una notifica di esposizione è in ogni caso impossibile senza una prolungata vicinanza fisica ad una persona positiva al Covid-19». Il dubbio che viene a G., che ha contattato tutte le persone che ha visto, si muove solo in bici, usa la mascherina FFP2 quando è al lavoro, dove viene controllato, e soprattutto non presenta sintomi, è che l'app non si accorga che il positivo è dall'altra parte del muro, magari il vicino di casa che ha il divano attaccato alla parete che lo divide dal suo appartamento». L'unico «lusso che mi sono concesso è stato andare in piscina, alla Cozzi, dove sono rispettate tutte le misure, si prende la temperatura all'ingresso, le borse, con i vestiti dentro, si tengono a bordo piscina. Forse la mia sacca, con dentro il cellulare, era vicino alla borsa di qualcuno che era positivo e che non aveva ancora sintomi» ragiona G. La notifica, infatti, arriva dopo che la persona ha volontariamente inserito l'esito del tampone positivo nell'app. Nemmeno A. riesce a ricostruire dove possa essere avvenuto il contatto perchè nella rete delle persone che ha visto la settimana precedente nessuno ha Immuni (Immuni comunica solo tra persone che l'hanno scaricata), non è stata al ristorante, a pranzo in un bar (dove magari avrebbe potuto registrare che la persona seduta dietro di lei, con l'app attiva, era positiva), forse ha fatto la spesa, e in fila c'era un positivo. Anche lei sta benissimo. Ieri finalmente è stata chiamata per il tampone.
«Se succede di nuovo tra una settimana? - si chiede - l'Ats mi ha spiegato che dovrò fare la stessa cosa, ma 14 giorni di quarantena diventano pesanti per dei freelance», che hanno perso un'intera settimana di lavoro. «Continuiamo a essere favorevoli all'app - dicono - ma bisognerebbe poter fare il tampone quando arriva la segnalazione e, forse, migliorare il sistema di rilevazione dei contatti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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