«L'Ambrogino? Lo do a Sallusti, vittima di ingiustizia»

Lo sdegno per il signor F. è un sentimento che non resta solamente rabbia. Diventa un'azione, vera. Diretta e semplice, proprio come lui. Pensionato, 79 anni, uno tra i più vecchi tassisti di Milano, ha percorso la città in lungo e in largo per 55 anni. Da qualche mese è a casa. Ora di tempo ne ha eccome. Legge, il signor F. Legge i giornali. Si informa. È uno a cui piace stare «dentro» le cose e non stare lì a guardarle solo da fuori per poi borbottare al bar, arrabbiandosi con tutti e con nessuno. Così una sera ha preso il suo Ambrogino, quello che la Camera di commercio gli aveva dato come premio alla lunga carriera appena qualche anno fa, lo ha messo sul tavolo di cucina e ha detto a sua moglie: «Questo lo darò al direttore del Giornale Sallusti». Detto, fatto. Ha preso il telefono, ha chiamato la segreteria del Giornale e alle 15 in punto, ieri, stringendo in tasca il suo omaggio, si è presentato al 4 di via Negri. «Perché sono qui? - rispondeva a chi gli chiedeva il senso del suo gesto - Voglio dare un contributo di solidarietà a chi ha subito un grosso danno». «In democrazia - ha detto quando si è trovato davanti al direttore Sallusti - è necessario dare un sostegno a chi subisce un'ingiustizia. E io mi sono sentito offeso come cittadino nel vedere il direttore di un giornale, che sia questo o un altro non importa, condannato ad andare in galera per un articolo non scritto da lui mentre chi lo ha scritto davvero quell'articolo viene ignorato». Il signor F. non si vuole fare fotografare. Ripete più di una volta che non ci tiene per niente ad apparire. Scuote la testa e allunga la mano con gesto deciso perché non ci siano fraintendimenti. Per questo il suo nome è solo una F. Dice di essere «un cittadino qualsiasi» e che ritiene questo «un gesto normale». «Come faccio ad accettare?» gli/si chiede il direttore Sallusti mentre lui allunga il cofanetto blu. Ma il tassista non ha esitazioni. «Un dono è un dono - sentenzia deciso - È una questione di libertà di stampa altrimenti torniamo ai tempi di quando ero bambino. Ci mettevano la divisa da figli della lupa e il motto era “credere obbedire combattere“. A me quel sistema non piace, che sia rosso, verde o nero. Eppure cittadini validi ce ne sono tanti ma non c'è chi li ascolta.

Si fa politica a grandi livelli e si dimenticano i problemi veri di chi lavora, di chi ha problemi. Le vite medie». Normali. Come si definisce il signor F. ricco di quella normalità che oggi è davvero un'eccezione.

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