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Locarno invaghita di Oriente. Il Pardo ora vola a Singapore

Poche luci e tante ombre sui verdetti della rassegna che ignora ottimo cinema europeo per premiare l'Est

Locarno invaghita di Oriente. Il Pardo ora vola a Singapore

Locarno, provincia di Singapore. Se non si hanno occhi a mandorla e nomi a stento pronunciabili, quanto i titoli dei loro film, vincere è impossibile. Il rossocrociato Ticino, insomma, non vuol saperne di premiare opere meritevoli di vicini di casa. Leggasi, i Paesi confinanti. A conferma che la meritocrazia vale quanto la favola di Cappuccetto rosso. Cioè zero. E se nelle ultime tre edizioni del festival hanno vinto un coreano, un bulgaro e un cinese, la tradizione viene confermata anche quest'anno con il trionfo di un regista di Singapore. Yeo Siew Hua si è portato a casa il Pardo per il film A land imagined ambientato nella sua isola dove un operaio finisce risucchiato nell'amicizia virtuale con uno sconosciuto e la donna che gestisce l'Internet point in cui si reca a giocare. Racconto catartico di un protagonista malato d'insonnia, prima ancora di essere respinto dalla società, il film è di gran lunga migliore degli ultimi vincitori. L'anno scorso il trionfatore fu Mrs Fang, cronaca degli ultimi giorni di una malata di alzheimer, per stessa ammissione dell'autore Wang Bing, impossibile a vendersi, distribuire e commercializzare.

Nel 2015 a spuntarla fu il coreano Hong Sangsoo con Right now, wrong then che quest'anno è tornato ed è ripartito con il premio per la miglior recitazione maschile nel suo Gangbyun hotel, in un suggestivo bianco e nero di cui tuttavia il regista non ha saputo spiegare le motivazioni della scelta. Il successo del bulgaro Godless nel 2016 fa rima con la vittoria dell'attrice rumena Andra Guti in Alice T. di Radu Muntean, esile vicenda di una ragazza in crisi per una gravidanza indesiderata.

La storia si ripete. Ineluttabilmente, uguale. Quello che fa male in realtà non è questione di campanile ma di qualità. Opere discutibili e talvolta fragili dal Sol Levante premiate a scapito di titoli di livello più alto, ma provenienti da scomodi Paesi vicini alla Svizzera. Così, l'italiano Menocchio di Alberto Fasulo non ottiene ingiustamente alcun riconoscimento, pur avendo il pregio di essere recitato da un cast di attori non professionisti. Stessa sorte al francese Genése di Philippe Lesage, poetico studio sul primo sorgere dell'amore adolescenziale o al franco-turco Sibel di Guillaume Giovannetti e Çagla Zencirci su una ragazza muta che comunica con un antico linguaggio di fischi. E infine l'aggressivo tedesco Wintermärchen di Jan Bonny sulla violenza innescata da una cellula terroristica di estrema destra.

In compenso, premio speciale della giuria a M, inguardabile documentario sulla sessualità ebrea.

Completano il palmares la menzione all'inglese Ray & Liz di Richard Billingham su una traumatica esperienza familiare personale e il pardo alla regia consegnato a Dominga Sotomayor per Tarde para morir joven. Per la prossima edizione - dal 7 al 17 agosto 2019 - scommetteteci. Vincerà un giapponese. O un indiano. Insomma, se non è Asia, intesa come Oriente, non piace. Anche se fossero capolavori.

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