Quattro giorni di consiglio e 45 ore di seduta probabilmente non basteranno per approvare la riforma della sanità. Comincia oggi la maratona per ridisegnare il sistema ospedaliero lombardo dopo 18 anni. Un'impresa epica non solo per la mole di lavoro da discutere e per il valore del comparto nel bilancio regionale (18 miliardi di euro, l'80 per cento del totale). Ma soprattutto per le tensioni nella maggioranza. La bozza è la versione numero sette che dovrebbe aver convinto tutta coalizione. In teoria, perché ci sono ancora parecchi punti da chiarire a cominciare dall'accorpamento degli ospedali. Fi vuole un polo del bambino e della mamma che faccia perno su Buzzi e Fatebenefratelli. La Lega l'accorpamento del Buzzi con il Sacco.
Il clima è tutt'altro che sereno. E lo si capisce anche dai relatori: per il consiglio parlerà Fabio Rizzi (Lega) che con Angelo Capelli (Ncd) ha scritto il provvedimento. Ed è naturale che sia così. Per la giunta, invece, il presidente Roberto Maroni sfila il microfono all'assessore alla Sanità Mario Mantovani. Come a voler mettere il cappello leghista sulla manovra. «Proporrò che il consiglio sia convocato tutto il mese di agosto. Saltiamo le ferie per una buona causa». Tanto che Mantovani potrebbe sedersi fra i banchi del consiglio e non tra quelli della giunta. Altro motivo di frizione sarà la creazione di un super assessorato che unificherà Sanità e Famiglia. Maroni lo dà come cosa certa e lo vorrebbe affidare a un tecnico extra partiti. Fi rivendica il ruolo di Mantovani. «L'assessore non si tocca» ha sentenziato la coordinatrice Mariastella Gelmini.
Se la coalizione ha trovato un accordo sul numero delle poltrone e delle Asl, restano ancora parecchi nervi scoperti. Per trovare un'intesa non basterà il vertice di maggioranza oggi prima dell'aula. Le «sorprese» potrebbero arrivare da un incontro ad Arcore tra Maroni e Silvio Berlusconi oggi a pranzo per parlare di un provvedimento su cui pendono 2.447 emendamenti, più 15mila ordini del giorno, di cui 10mila presentati dal centrosinistra. Un ostruzionismo che, salvo accordi o accorpamento di testi, rallenterà di molto i lavori. Pd e Patto civico sottolineano che per discutere i loro ordini del giorno ci vorrebbero «55 sedute di aula da 12 ore ognuna» e altre «15 ore per gli emendamenti». Il capogruppo Enrico Brambilla ammette: «Siamo costretti a mettere in campo un'opposizione ostruzionistica, anche se preferiremmo poter svolgere un'opposizione costruttiva. C'è ancora tempo per fare un buon lavoro». Tradotto: il centrosinistra vuole tornare in commissione e riprendere il discorso da lì.
Battaglieri anche i grillini che, fin d'ora, annunciano: «L'aula sarà un Vietnam».«So che in commissione i tempi sono stati contingentati - ribatte Rizzi - ma ormai non è più una questione di numeri o emendamenti. Il testo è aperto a contributi e migliorie».
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