Stefano Giani
nostro inviato a Locarno
«Nei guai mi sono messa da sola, lo confesso. Quella scena del finto orgasmo in Harry ti presento Sally non era scritta in nessun copione. Dovevamo solo parlarne. Come le donne fingano anche in certi momenti. All'improvviso ho sostituito le parole a espressioni e sospiri. Spontaneamente. Sotto gli occhi esterrefatti di Rob Reiner, il regista. E soprattutto quelli di sua moglie, che nel film era una cliente del locale e doveva ordinare quello che avevo preso io». A fare l'attrice Meg Ryan ha iniziato per caso e l'altroieri sera Locarno l'ha premiata con il «Pardo d'onore alla carriera». Eppure, sul set di Ricche e famose di George Cukor era andata sapendo di voler fare la giornalista, «l'unica professione per cui avessi studiato». È finita che ha fatto il test ed è stata scelta. «In quegli anni il mio mestiere era fare provini, non ne saltavo uno e, di tanto in tanto, qualcosa spuntava. Come con Cukor». Un mostro sacro di Hollywood, all'ultimo film. Era il 1981. Se ne sarebbe andato due anni dopo.
«Mi diede il consiglio più importante. Non recitate, siate voi stessi. E io non lo ho più dimenticato. Ho messo me stessa anche dove forse avrei dovuto trattenermi. Come in quei gemiti nel bel mezzo di un ristorante». Eppure il cinema non è solo finzione o invenzione. Tanto meno improvvisazione. «Accompagna la vita, più di quanto si pensi. Nel '94, quando ho girato Amarsi, recitavo nei panni di Alice, un'alcolista. Erano gli anni in cui mio marito, Dennis Quaid, stava percorrendo la strada della riabilitazione. Vivere quella tragedia sul set è stato un modo per condividere il suo percorso. Capirne meglio ogni risvolto. Calarmi di più nel suo ruolo reale, oltre che in quello della donna che gli stava accanto».
Condivisione è parola attuale nella società dell'immagine del XXI secolo. Mostrare e mostrarsi vale molto più di una chiacchiera. «Non di tutto si può rendere partecipi gli altri, però. La nostra vita è scandita dai social media. Occorrerebbe comprendere che c'è molto da tenere per sé e i propri cari. O perlomeno gli amici intimi. Instagram e Facebook non sostituiscono le conoscenze fatte di persona e di persone. Sono un personaggio pubblico, lo so. Ma mi astengo dai salotti del web fatti di scatti spesso vuoti».
È la ricerca di scampoli di visibilità. Una sorta di fama, insomma. Polvere di stelle e di notorietà. «Non l'ho mai cercata, la celebrità. Io. Però mi è arrivata addosso e mi ha cambiata». La fidanzatina d'America è davvero la ragazza della porta accanto e oggi, a 57 anni da compiere a novembre, si è recentemente riproposta anche in cabina di regia. Ithaca è finora il suo unico film all'attivo. «L'abbiamo girato con pochi soldi, poco tempo, ma tanta buona volontà. Un'avventura divisa con mio figlio Jack Quaid e l'amico di sempre, Tom Hanks», quello che era con lei sul set di C'è posta per te, un altro dei titoli che l'hanno resa celebre. Uno fra i tanti. E si lega sorprendentemente a quell'Ithaca dove un postino recapitava a una madre la notizia della morte del figlio in guerra. Tema forse non originalissimo, ma pur sempre attuale.
«La regia è compito difficile. Bisogna tenere sotto controllo tutto ciò che accade sul set, non solo la propria recitazione. Ma anche in questo devo dire che ho avuto l'esempio di ottimi maestri». Non solo Cukor o Rob Reiner, ma anche Nora Ephron e Jane Campion per la quale ha girato In the cut. «Era uno sguardo disincantato sull'amore. La prospettiva di una cineasta che non crede nelle promesse eterne. Nelle favole romantiche. Nell'idillio che conserva inalterata la sua scintillante magia».
Non si spinge oltre ma sembra in qualche modo d'accordo con questo giudizio dopo unioni e matrimoni finiti. Un figlio naturale e una bambina adottiva. «Mai toccare gli archetipi senza domandare l'autorizzazione. E io, molte volte, il permesso non l'ho chiesto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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