Migranti, boom di aborti «Noi, stuprate in viaggio»

Aumentano le immigrate che denunciano violenze sessuali e gravidanze non desiderate

Maria Sorbi

Ashe ha 19 anni ed ha origini etiopi. É arrivata dalla Libia a bordo dei barconi dei migranti. A settembre si è presentata al centro antiviolenza della clinica Mangiagalli, distrutta. Un uomo le aveva promesso i soldi per il viaggio fino all'Italia ma l'ha sequestrata e stuprata per due giorni consecutivi. Una volta scoperto di essere rimasta incinta, si è detta: «Non ne voglio sapere niente di questo bambino, voglio solo dimenticare». I volontari, gli psicologi e i ginecologi l'hanno aiutata.

Come Ashe, sono tante le migranti che chiedono di interrompere la gravidanza o che denunciano storie di violenza. Nadira, 20 anni, in viaggio con la figlioletta, aveva nascosto i soldi nei lembi dei vestiti che aveva addosso. Le hanno strappato gli uni e gli altri e lei è rimasta sena nulla, dignità compresa. Le vittime sono tutte giovani, a volte giovanissime. Tutte ricattate e illuse con false promesse. Tante si sono pagate il viaggio della speranza prostituendosi o semplicemente non si sono ribellate agli abusi sessuali, pur di racimolare un po' di soldi e fuggire.

I medici dei centri di soccorso anti violenza confermano che negli ultimi mesi c'è stata un'impennata di richieste di soccorso da parte di migranti. «Le richieste aumentano in modo significativo in concomitanza con le ondate di arrivi di profughi - conferma Alessandra Kustermann, alla guida del centro di soccorso violenza sessuale e domestica - Le donne vengono violentate nei campi profughi in Libia e scoprono l'inizio della gravidanza mentre sono in viaggio». Purtroppo lo stupro, prima o durante i viaggi, sembra un pegno obbligatorio, da cui nessuna donna, nemmeno se già incinta, riesce a sottrarsi. Una volta in Italia, se la donna denuncia di essere stata trafficata e di aver subito violenza allora ha diritto alla protezione internazionale. Viene ascoltata dalla Commissione territoriale, dalla polizia, dai medici, dagli psicologi. E se decide di tenere il bambino, verrà inserita nei programmi di assistenza e preparazione al parto. Dal 2012 al 2015 sono state prestate 400 consulenze e non si esclude che siano state assistite anche donne che denunciano falsi stupri pur di ricevere la protezione internazionale: la via più sicura per essere tutelate una volta arrivate senza nulla in Italia. Oltre alle profughe in fuga, ci sono stati anche parecchi casi di donne picchiate regolarmente dal marito, minacciate di morte, ferite con un coltello durante la gravidanza. O costrette ad abortire dal compagno. Ad agosto al centro si è presentata una donna di 23 anni, alla quindicesima settimana di gravidanza: il convivente romeno le aveva gettato addosso un secchio di candeggina, ustionandole in pancione. Una consolazione c'è: il servizio di assistenza anti violenza funziona e, grazie alle associazioni di volontari, è più semplice intercettare quel sottobosco di donne silenziose abituate a subire e non a denunciare.

Parecchio lavoro tuttavia va fatto per migliorare l'assistenza psicologica: i percorsi sono lunghi e non sempre semplici, soprattutto quando le vittime non parlano né inglese né francese e serve l'aiuto di un mediatore.

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