Migranti, ora il sindaco vuol chiudere i centri e mandarli in campagna

Sala con Minniti: "Stop alle maxi strutture". Parisi e Gelmini scettici: "Stringere i cordoni"

Migranti, ora il sindaco vuol chiudere i centri e mandarli in campagna

L'obiettivo del governo, ha anticipato due giorni fa il ministro dell'Interno Marco Minniti, è «l'accoglienza diffusa e la chiusura, auspico n tempi brevi, dei grandi centri di accoglienza dei migranti per favorire l'integrazione». A Milano la mente vola al Cara di via Corelli, una costola del Cie vicino a Linate, alla caserma di via Montello o - al confine - al maxi-centro della Croce Rossa a Bresso dove proprio ieri sono stati arrestati due profughi per atti osceni vicino alle aree gioco dei bimbi al parco Nord. Il sindaco Beppe Sala si è detto ieri «favorevole alla proposta di Minniti, credo che possa essere una soluzione. Anche se nella ripartizione dei Comuni continuano ad esserci resistenze e non ci sono meccanismi di premio o punizione per chi non accoglie». Ma «al di là della gestione degli immigrati i problemi veri poi sono i tempi per definire il loro status: sono lunghissimi e nel frattempo non si riesce a farli lavorare». Ne parla a margine e durante il convegno organizzato ieri dal Comitato MImpegno e Fondazione per la sussidiarietà accanto alla coordinatrice di Forza Italia Mariastella Gelmini e il leader di Energie x l'Italia (ed ex sfidante alle Comunali) Stefano Parisi, su posizioni differenti. Quando i migranti arrivano in Italia vengono distribuiti attraverso l'accordo Stato-Regioni e «alla Lombardia - ricorda Sala - tocca il 14%. Senza voler accusare nessuno, credo sia il momento che il governo cambi i piani. La quota maggiore dei profughi è nelle città e avremmo bisogno che fossero nelle campagne, nelle zone agricole dove c'è più lavoro e in quelle meno popolate del centro Italia». Ricorda che in città come Milano il 70% delle presenze proviene da Eritrea o Etiopia, hanno un basso livello di formazione. E solo il 10 per cento di chi fa richiesta ottiene lo status di rifugiato, gli altri intraprendono una trafila di «ricorsi e appelli che può durare due o tre anni, nel frattempo non possiamo farli lavorare e li vediamo per strada». Insiste sull'esigenza di «farli lavorare, e se ci si scandalizza perchè chi lavora deve essere pagato, anche poco, porto ad esempio la Germania dove questo già avviene».

Sulla chiusura dei grandi centri avanzata da Minniti Parisi ribatte che il problema «è semmai quello di avere controlli molto chiari su chi arriva in Italia. Bisogna stringere molto i cordoni, assorbire solo chi possiamo assorbire, e pretendere da chi viene qui un rispetto delle nostre norme e della nostra cultura. Se il problema dovesse essere quello di chiudere i maxi centri per poi trovare le persone che bivaccano nelle nostre periferie, non faremmo altro che alimentare una repulsione verso questo enorme fenomeno».

Perplessa la Gelmini: «Penso che Minniti voglia tenere insieme l'inconciliabile - commenta -: da un lato usa parole di centrodestra e dall'altro si trova a gestire una situazione creata dal fallimento delle politiche di immigrazione dei governi di sinistra. Siamo stanchi di commentare le parole, aspettiamo i fatti». E fa presente che la sinistra «continua a discutere solo di ius soli, un tema non adatto ad una maggioranza a fine legislatura e non votata dal popolo».

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