Milano Ristorazione e la rincorsa in salita ai furbetti della retta

Non pagano il servizio oltre 14mila famiglie. Buco di 5 milioni: il piano di rientro non basta

Fuori dalle scuole non si parla d'altro. «Forse dall'anno prossimo si potrà portare la schiscetta», «e non ci sarà nessuna stanza del panino a parte, staranno tutti in mensa» si confrontano le mamme. Ovviamente è ancora presto per dirlo ma la mediazione delle istituzioni sembra andare in questa direzione: permettere ai bambini che portano il pasto da casa di mangiare assieme ai loro compagni con il vassoio. Da qui all'approvazione di una legge nazionale che cambi le regole ne corre, ma almeno il primo passo è stato mosso. E di sicuro non ci saranno più casi di bambini «ghettizzati» in altre stanze perché mangiano al sacco.

Dal canto suo la Milano Ristorazione, i cui vertici saranno rinnovati a breve, è pronta a riorganizzarsi. Ora la società resta in attesa delle decisioni della politica, in futuro potrebbe ripensare ai menù e riadattarli alle varie esigenze: chi si porta la schiscetta ma chiede di avere la frutta fresca, chi vuole solo «mezzo pasto».

E parallelamente i responsabili delle mense dovranno affrontare un'altra questione: quella dei morosi, che magari, con la nuova formula «vassoio o schiscetta» caleranno. Per ora sono (ancora) un popolo di oltre 14mila furbetti all'anno: recidivi che si rifiutano di pagare la quota del pasto (da 1,34 euro al giorno per le fasce più basse a 3,86 euro per i redditi più alti). Il Comune ha avviato un piano di rientro che sta portando i primi frutti. Ma da sanare c'è un buco da 5 milioni di euro e ci vorranno anni prima di poter mettere realmente a posto i conti. Quel che lascia l'amaro in bocca è constatare che la maggior parte di chi non paga appartiene alle fasce di reddito più alte: sono oltre 7mila i «ricchi» che non corrispondono le rette. E non è certo una questione di dimenticanza, vista l'insistenza di certe famiglie nell'ignorare i richiami. Che il sistema di pagamento sia da correggere è abbastanza ovvio. Per ora la caccia ai recidivi si è concentrata soprattutto sull'anagrafica e sulla «tracciabilità» degli evasori, se non altro per capire quale fossero il loro numero di telefono o la loro mail. Problema risolto grazie all'obbligo di iscrizione on line alla mensa. Tuttavia c'è anche chi ignora le mail di richiamo. Una buona operazione di recupero è stata messa in campo nei centri estivi dove tuttavia il numero di insolventi contro cui fare causa supera ancora quota 4mila.

Altro punto da correggere: i menù, che non soddisfano appieno le famiglie. Bocciate polpette di ceci, crocchette e orzo. Qualche famiglia ha disdetto il servizio di refezione scolastica e sta mandando i figli a scuola col panino preparato a casa. Ma questo crea problemi alla direzione scolastica, che non può permettere pasti diversi da quelli forniti dalle società delegate per appalto. La sentenza di Torino ha rinfrancato gli animi delle mamme che chiedono la libertà di scelta e che si sono tuffate in ricorsi contro Comune, direzione scolastica e ufficio regionale scolastico.

Hanno sollecitato soluzioni in tempi brevi anche i presidi delle due scuole dove è ancora in corso la protesta, le elementari di via Palermo e la scuola primaria dell'istituto Pirelli a Niguarda. Per ora il Comune chiarisce che «nei locali mensa non si possono portare cibi da casa, anche per ragioni igienico sanitarie». Per ora.

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