Il Comune di Milano aumenta la tassa di soggiorno per gli alberghi, proprio mentre il ministro Massimo Bray pensa di abolirla. Palazzo Marino a fine giugno ritocca la tassa scatenando la protesta degli albergatori mentre poco più in là, a Roma, e solo qualche giorno dopo (il 9 luglio) il ministro al Turismo all'assemblea annuale dell'associazione italiana Confindustria alberghi promette: «Dobbiamo rivedere e uniformare i criteri della tassa». In che modo lo specifica subito dopo: «Credo che si possa pensare di svolgere insieme una fortissima azione, anche per superarla se dimostreremo, dati alla mano, che questa tassa è dannosa e non favorisce il vostro lavoro». «Superarla» in questo caso significa «abolirla» ed è così che hanno interpretato gli albergatori. L'incontro era di quelli ufficiali e lo spinoso argomento della tassa di soggiorno era all'interno di «un decalogo di priorità» che i rappresentanti degli albergatori hanno sottoposto al ministro per tentare di superare la crisi. Il settore accusa colpi, anche duri. In Lombardia, ad esempio per la prima volta due alberghi di Lodi sull'orlo del fallimento hanno già portato i loro libri in Tribunale.
Il difetto di comunicazione tra l'ente locale e il governo è evidente. Tanto più evidente se si pensa che siamo sempre dentro quel Pd che ancora una volta non perde occasione di evidenziare le sue contraddizioni. A Milano il ritocchino sulla tassa di soggiorno è entrato in vigore il primo luglio regalando alla città un - poco edificante - primato. Un euro in più, esclusi i cinque stelle perché pagavano già il massimo. La tassa infatti era fissata in un euro a stella. Con l'aumento a Milano ora gli alberghi a una stella pagano 2 euro, a due stelle 3 euro, i tre stelle 4 euro e i 4 e 5 stelle cinque euro. Il tutto a persona per ogni giorno di permanenza. E se in soli otto mesi nel 2012 il Comune ha intascato 17 milioni di euro, la previsione ora è di arrivare a 27 milioni di euro. Quando è stato introdotto il contestato aumento l'assessore Franco D'Alfonso aveva preannunciato di volere avviare «un confronto con il governo affinché sia modificata la natura giuridica dell'imposta, così da rendere più trasparente e diretto l'utilizzo delle risorse, ad esempio, per il recupero e lo sviluppo di iniziative culturali e di spettacolo in particolare in vista di Expo, cosa oggi impossibile». Insomma mentre da una parte il Comune aumenta la tassa, pensa di chiedere al governo di poter utilizzare i proventi per il settore, dall'altra il ministero ipotizza una sua abolizione. «Avete perfettamente ragione - aveva concordato Bray con gli albergatori durante quell'assemblea - Il turismo internazionale sta attraversando un momento di crescita ma quello italiano ha perso una considerevole quota di mercato a livello mondiale. Credo che se abbiamo perso capacità competitiva è perché è mancato un sistema Paese».
«Gli assessorati hanno vista breve - è il commento di Sofia Gioia Vedani, presidente dell'Associazione albergatori di Confcommercio - e devono far quadrare i conti della loro amministrazione. È facile recuperare soldi con questa tassa. Viene incassata subito, è netta, a presenza e non pesa sull'elettorato. Il Comune non coinvolge le categorie e pensa di poter decidere tutto da sé.
Invece ospitando i turisti noi abbiamo continuamente il feedback di come viene percepita la città. Perché non facciamo una conferenza di settore per pensare a un miglioramento della qualità dei servizi? Fino ad oggi non ci è mai stato proposto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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