"Moschea a Milano, se non ci rispondono parte il ricorso al Tar"

Gli islamici in pressing su Pisapia: "Senza una soluzione, faremo come a Brescia". Comune indeciso, centrodestra sulle barricate: "Referendum"

"Moschea a Milano, se non ci rispondono parte il ricorso al Tar"

Ricorrere alla giustizia amministrativa per avere la moschea? Una possibilità legittima e già esaminata. I vertici delle associazioni islamiche cittadine non hanno dubbi: se il Comune non dà risposte potrebbero fare come a Brescia, dove lo strumento urbanistico vigente è stato impugnato (e bocciato) dal Tar nella parte in cui non prevede un luogo di culto islamico. «È una strada percorribile - spiega Davide Piccardo, coordinatore delle associazioni islamiche milanesi - e credo che le amministrazioni locali debbano prendere atto di queste sentenze. I problemi devono essere risolti con la politica, con la concertazione - aggiunge - ma quando non si trova riscontro, la cosa più logica e normale, prima ancora di manifestare, è rivolgersi alla giustizia e chiedere che si esprima». Certo, il coordinatore del Caim precisa che si tratta di una subordinata: «È in corso un lavoro, ci stiamo parlando. Aspettiamo una risposta dal Comune. Diciamo che i tempi sono stretti, se non arriva o è elusiva, c'è quella possibilità. L'abbiamo già studiata e abbiamo consultato dei tecnici».
Il Comune tace o balbetta; i musulmani chiedono, per il 2015, un centro religioso in grado di soddisfare le esigenze delle decine di migliaia di fedeli che vivono in città ma anche di accogliere anche le molte migliaia di turisti di fede islamica che visiteranno Milano in occasione dell'Expo. E indubbiamente quel che è accaduto a Brescia fa scuola. Il Tar ha accolto infatti il ricorso dell'associazione culturale islamica Muhammadiah, annullando la delibera impugnata là dove «omette di apprezzare quali e quante realtà sociali espressioni di religioni non cattoliche esistano nel Comune». La sede della Muhammadiah era stata infatti esclusa dall'elenco dei servizi religiosi esistenti.
Ma la sentenza ha scatenato reazioni contrastanti. Il governatore, Roberto Maroni, ha annunciato che «la Regione sta già studiando ricorsi e rimedi per impedire la diffusione del virus». Al contrario, la garanzia che a Milano sorgerà un «centro di cultura islamica» è stata ribadita dall'assessore comunale alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino, che ha definito un «insulto alle religioni» le dichiarazioni di Maroni. La Lega è tornata alla carica ieri: «Pisapia e compagni sono pronti - ha detto il capogruppo comunale Alessandro Morelli - Milano e gli islamici no. Appena questi falsari della partecipazione promuovono la costruzione noi chiederemo ai milanesi di dire la loro con un referendum. Noi non molliamo».

Su un deciso «no» è attestato anche Riccardo De Corato, con «Fratelli d'Italia»: «Su un tema delicato come questo - ha dichiarato - il referendum è un indispensabile strumento di democrazia, la soluzione migliore per fermare la realizzazione di moschee che, a maggior ragione se imposte per legge, verrebbero sicuramente respinte dai cittadini lombardi». Ma lo strumento del referendum non piace affatto ai musulmani: «Non si fanno referendum sui diritti».

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