Era il 1978 quando «Grease» fece irruzione nelle sale cinematografiche di tutto il mondo diventando un cult. Merito dei suoi due protagonisti, Travolta (appena reduce dal successo planetario de «La febbre del sabato sera» e la Newton-John. Il musical non era una novità assoluta ma divenne lingua universale con i suoi balli e le sue canzoni che seppero resistere al trascorrere del tempo. Ed ora, anche Milano ne celebra la longevità con la versione proposta, al Teatro della Luna, dalla compagnia della Rancia, colorando l'appassionata storia d'amore tra Sandy e Danny con immagini multicolori ed esplosive, importate dall'America anni '50. Sono cambiati i tempi, le mode, ma gli ingredienti che hanno portato al successo il musical, quelli no. I giubbotti di pelle dei ragazzi scatenati e dai capelli brillantinati che, masticando le gomme, rincorrono le Pink Ladies, le ragazze con la gonna a ruota e la coda di cavallo, appassionano ancora la platea che a tempo di rock si diverte e fa il pieno di energia. Un linguaggio eterno e compreso da tutti come l'amore può essere vissuto, visto, letto e interpretato in mille modi, ma il coinvolgimento e la passione restano impeccabilmente intonsi ed eterni come le dinamiche che lo regolano. Ne è la prova l'amore Goldoniano presentato sulla scena del Teatro San Babila che lascia percepire il cadenzare frenetico dei battiti di cuore dei due protagonisti. Senza intaccare l'ambientazione originaria di una vicenda amorosa del 1700, Stefano Artissunch, regista ed interprete de «Gl'Innamorati» sbircia Goldoni attraverso uno sguardo decisamente moderno ed intensamente contemporaneo; nel cast, poi, brilla la presenza di Isa Barzizza, che porta esperienza e ricchezza artistica, accumulate nel corso di una vita consacrata alla scena, sia teatrale, sia televisiva. La commedia, divertente e romantica, racconta dei tormenti amorosi di una coppia di giovani innamorati, la bella Eugenia, interpretata da Selvaggia Quattrini, donna forte e tenace, appartenente alla nobiltà milanese decaduta e Fulgenzio (Stefano Artissunch), rappresentante della ricca borghesia. Ancora una volta, l'autore non trascura di analizzare il sottofondo di una borghesia che il regista evidenzia nei suoi aspetti viziosi e corrotti, tipicamente moderni, mentre, in primo piano, la storia di passione e di romanticismo tra i due protagonisti è insidiata da zia Fabrizia, una donna molto attenta alla forma e poco alla sostanza, millantatrice ed ostentatrice. «Rivesto il ruolo che Goldoni, nella sua commedia, affidò ad un uomo, a zio Fabrizio, appunto. Io sono zia Fabrizia -confida la Barzizza-, simpatica e divertente nei miei vaniloqui e nella mia superficialità». Stefano Artissunch, nel rispetto di un teatro realistico, ha giocato, nei panni del regista, movimentando e togliendo la cosiddetta polvere da un testo classico: «Mi sono permesso tanti giochi in scena -racconta il regista e interprete -, facendo divertire anche il pubblico.
Raccontiamo una storia di Goldoni esagerata, spingendo all'estremo certi aspetti ed accendendo certi caratteri: le manifestazioni di affetto tra i due protagonisti, le carezze, le grida, romanticismo e passione. Ho sfruttato la carnalità alla quale il testo si presta, offrendo un disegno registico molto chiaro. Del resto, non credo nel teatro d'attore».