Nell'Italia che verrà sarà tecnologico perfino l'agricoltore

Impiego per due milioni di persone nel 2020 Ma bisogna avere competenze informatiche

Nell'Italia che verrà sarà tecnologico perfino l'agricoltore

Entro due anni ci saranno due milioni di posti di lavoro vacanti per carenza di competenze digitali. È il così detto digital mismatch, la differenza tra ciò che serve alle aziende e ciò che sanno fare le persone. Nel prossimo futuro molti saranno esperti di cyber security, intelligenza artificiale e analisti di big data, ma non solo: sul totale delle posizioni senza candidati del 2020 saranno solo 135mila quelli nell'ambito dell'Information and Communications Technology, le altre saranno relative a lavori più «tradizionali»: «Non è un caso spiega Mirna Pacchetti, ceo di InTribe che le professioni più al passo con l'evoluzione digitale del lavoro siano quelle medicali e agricole: nel primo caso ci sono ospedali come Atlanta che hanno abbattuto il tasso di mortalità infantile grazie all'applicazione di algoritmi predittivi, nel secondo assisteremo a un ritorno alla terra perché grazie alle nuove tecnologie l'agricoltore sarà un mestiere più appetibile».

E se le operazioni mediche in molti ospedali, compresi quelli lombardi, si fanno in 3D, non è sparito il mestiere come non ne spariranno altri: «Il 70% dei posti di lavoro entro dieci anni esisteranno ancora, ma avranno vissuto un'evoluzione digitale precisa Pacchetti . Altri lavori a basso valore aggiunto come la cassiera, l'operaio senza specializzazione e il commesso invece spariranno: l'addetto al negozio diventerà un addetto che ci farà provare vestiti le cui variazioni saranno visibili grazie a uno specchio-schermo. Poi quello che sceglieremo ci sarà spedito direttamente a casa».

Sembra fantascienza ma non lo è: già ora si stampano tessuti umani con le stampanti 3D e le cellule staminali, così come sono nati nuovi lavori in questo ambito. Quelle che ancora non sono al passo con i tempi sono le aziende, secondo Simona Tansini, manager di Ranstad: «Solo l'11% investe in formazione, la gran parte preferisce assumere nuove risorse già in possesso di queste competenze; noi in Italia fatturiamo 1,5 miliardi, abbiamo 275 filiali e il 25% è già focalizzato sull'ambito digitale».

Non andiamo verso un mondo in cui l'ambito digitale sostituirà tutte le conoscenze, anzi: secondo le ricerche di InTribe le competenze umanistiche «abbinate a quelle scientifiche sono fondamentali per creare un'interdisciplinarietà basilare alla corretta applicazione del digitale e delle nuove tecnologie in qualsiasi ambito». Dante, Petrarca e Boccaccio non passeranno di moda dunque. Il percorso però è ancora lungo, perché per unire mondi all'apparenza distinti è necessaria un'operazione culturale molto complessa: «Nel 2016, tra i giovani tra i 25 e i 34 anni, solo il 41% ha usato (in modo basico) un foglio elettronico contro una media europea del 50% - sottolinea la ricerca InTribe citando dati della Comunità europea - e solo il 29% lo ha utilizzato in modo avanzato per organizzare e analizzare i dati (ordinamento, filtri, formule, grafici...) contro il 34% della media europea».

La divisione non è solo dunque tra nuove e vecchie generazioni, ma è sistemica.

In Italia manca una cultura collettiva sui temi digitali per cui si vedono le innovazioni tecnologiche come uno strumento per tagliare posti di lavoro. Ma non necessariamente è vero come ha dimostrato la rivoluzione industriale, inoltre la quarta potrebbe portare a una riqualificazione dell'attività umana seguendo un percorso inverso a quello della prima.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica