Beppe Sala continua a graffiare. Dopo le uscite al vetriolo dello scorso week end contro l'ex segretario del partito democratico Matteo Renzi, alcuni colleghi di partito come il neo governatore Zingaretti e il colonnello dem Emanuele Fiano, con cui ha avuto un aspro confronto, ieri ha alzato il tiro. E ha attaccato il governo. Parlando del trasferimento di Ema l'agenzia europea del farmaco, che dovrebbe traslocare da Londra ad Amsterdam nel 2019 in seguito alla Brexit, Sala ha attaccato il governo accusato di non essere abbastanza «forte». Come se fosse imputabile a Palazzo Chigi la vittoria della città olandese su Milano, nonostante le scorrettezze del dossier olandese e la vittoria a sorteggio.
Le giornate «sono tutte importanti e nessuna decisiva per la battaglia su Ema, noi andiamo avanti» ha risposto ieri il primo cittadino a proposito del voto atteso nel pomeriggio della Commissione Ambiente del Parlamento europeo sull'emendamento che cambia la sede dell'Ema da Londra ad Amsterdam. E che alle 20 ha votato a favore di Amsterdam. Ora si spera nella seduta plenaria dell'assemblea dell'Unione europea di domani. «Ovviamente la situazione politica attuale, senza un governo forte in carica, realisticamente non aiuterà» ha detto parlando del ricorso che contesta l'assegnazione di Ema. «Noi - ha aggiunto - continuiamo finché si può sapendo che le possibilità continuano, come dall'inizio, a non essere moltissime, ma facendo sempre valere le nostre ragioni».
Sala non ha perso occasione anche ieri per dire la sua sulla direzione del Pd, o meglio per ribadire le sue posizioni. Cosa mi aspetto dalla direzione? «Che vengano fuori delle linee guida per risolvere velocemente questa vacanza in termini di segreteria e che si confermi il fatto che non si facciano le primarie». Insomma esattamente la linea dei giorni scorsi in cui aveva attaccato Renzi per l'ambiguità con cui aveva annunciato le sue dimissioni all'indomani del terremoto elettorale: «avrebbe dovuto farlo in modo più chiaro - aveva detto Sala- non può certo pensare di traghettare il partito in una fase così delicata che prevede le elezioni di Camera e Senato e la formazione del nuovo governo». Bollando le primarie come una «lotta tra galli», accusava il partito di essere «egoriferito» e troppo distante dagli elettori «che vogliono solo sapere qual è il programma e cosa si fa oggi».
Come se, nonostante abbia smentito, si riconoscesse in quel ruolo di pontiere tra le diverse anime della sinistra che in molti gli cucivano addosso nei giorni scorsi. Dalla direzione dice di aspettarsi «delle linee guida per risolvere velocemente questa vacanza in termini di segreteria, che si confermi il fatto che non si facciano le primarie» e che il «Pd sarà all'opposizione. Ma mi pare che tutti questi sono principi ampiamente condivisi».
In ogni caso, ha concluso, «credo che al di là del Pd, il popolo della sinistra stia dicendo stiamo fuori, riflettiamo sui nostri errori», anche se «la politica oggi, come ha detto Renzi in un'intervista, è fatta di cambiamenti molto rapidi».
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