«Ora so cosa vuole dire che a Milan si riceve con il coeur in man»

Dopo l'Angelus a Roma ha ringraziato la città I semi (da cogliere) piantati nelle sue 5 tappe

Chiara Campo

«Vi ringrazio tanto, cari milanesi, e vi dirò una cosa. Ho constatato che è vero quello che si dice: A Milan si riceve col coeur in man!». La festa per la visita di Papa Francesco continua il giorno dopo, con un filo immaginario tra San Pietro e la cattedrale del Duomo. É una sorpresa. Dopo l'Angelus della domenica, Bergoglio saluta un gruppo di adolescenti del decanato «Romana-Vittoria» di Milano, presenti ieri in piazza Roma, ed è lo spunto per «ringraziare il cardinale Arcivescovo» Angelo Scola e «tutto il popolo milanese per la calorosa accoglienza» di sabato. «Veramente - aggiuge - mi sono sentito a casa, e questo con tutti, credenti e non credenti».

Ricambia a nome della città il cardinale Scola, in un intervento su chiesadimilano.it. «Il milione di persone radunato per la Messa a Monza, le oltre 500mila nelle celebrazioni milanesi e i 100 chilometri percorsi nella sua giornata dicono dell'amore della gente per questo Pontefice» scrive. Non si è risparmiato Bergoglio: cinque tappe in undici ore e in ognuna ha voluto trasmettere un messaggio di fede, con le parole semplici del «sacerdote al servizio del popolo» - così si presenta ai residenti delle Case Bianche di via Salomone - o del prete della porta accanto, che si concede ai selfie e usa i bagni chimici. «La chiesa non rimane nel centro ad aspettare, va incontro a tutti, nelle periferie, anche ai non cristiani, anche ai non credenti» dice nel quartiere popolare. É il primo seme piantato nel corso della giornata. Seconda tappa in Duomo, per l'incontro con i religiosi e il bagno di folla con la Papamobile tra i centomila radunati in piazza dall'alba: dal pulpito attacca le congregazioni ricche, «spogliatevi dei vostri beni». Al pranzo nel carcere di San Vittore con i detenuti parla delle umiliazioni che spesso subiscono dietro le sbarre e conclude: «Ognuno di voi per me è Gesù. Avete un orizzonte più vasto, quello che ciascuno deve cercare». Quarta tappa, la messa al parco di Monza dove attacca chi «specula sui poveri e sui migranti, sui giovani e sul loro futuro» e invita ad «abbracciare i confini e non avere paura delle differenze». Agli ottantamila cresimandi che lo accolgono come una rockstar a San Siro fa promettere ad alta voce che non faranno «mai i bulli». Dalle periferie abbandonate a chi prende di mira i più deboli nelle scuole. Tocca a Milano adesso mettere in pratica le lezioni di Papa Francesco. «Il popolo - sintetizza Scola - lo ha voluto vedere perché riconosce in lui un uomo costruttivo, riuscito. Comunica in termini estremamente familiari anche le realtà più importanti. Ripercorrendo alcune delle parole da lui pronunciate, durante l'incontro in Duomo con i Ministri ordinati e la Vita consacrata, mi rimane nel cuore il tema della gioia del Vangelo e di un ministero vissuto senza la preoccupazione dell'esito, integralmente affidato alla Provvidenza. Ha attaccato quella rassegnazione che conduce all'accidia e quindi rende incapaci di trasmettere tale gioia. E nell'omelia a Monza analogamente ha affrontato il tema della speculazione, di quel modo che diventa strumentale e antisolidale, incapace di costruire comunione». Di questa visita sottolinea Scola «certamente ci rimane la grande responsabilità della Chiesa milanese e lombarda che deriva dalla provocazione così potente e universale che Francesco ci ha portato. Il popolo lo segue con entusiasmo perché lo capisce e gli vuole bene, sente che ne ha cura e ne è appassionato.

È fondamentale prendere sul serio il suo monito di praticare uno stile di relazione tra la Chiesa e la realtà civile che ridia il gusto e la gioia di costruire insieme in una società che è in grande e turbolento cambiamento».

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