Il sindaco Beppe Sala ha sposato la scelta dell'ex prefetto di Milano Luciana Lamorgese al ministero dell'Interno e dal palco del Pd due sere fa ha sollecitato il Movimento 5 Stelle ad «abolire i decreti Sicurezza» di Salvini, quelli che (in particolare) hanno dato una stretta agli ingressi dei barconi delle Ong. Lamorgese è stata prefetto dal 13 febbraio 2017 al primo ottobre 2018, durante quell'anno e mezzo si è scontrata con i sindaci leghisti che rifiutavano di aprire le porte dei loro Comuni ai migranti senza status. E ora i leghisti vedono nella sintonia tra il ministro «tecnico» e il Pd, che negli anni di governo ha stanziato maxi fondi per l'accoglienza, il rischio di «un nuovo business dell'immigrazione dopo i tagli imposti da Salvini». Il consigliere Massimiliano Bastoni ha chiesto conto al Comune dei fondi incassati dal 2014 al 2018 (l'ultimo anno metà a gestione Minniti e metà Salvini) per gestire i centri di accoglienza straordinari e i Centri Sprar (secondo un accordo di collaborazione tra amministrazione e prefettura, i costi erano a carico dello Stato e lo sono tuttora, con modalità diverse visto che dal primo luglio il Comune non gestisce più i Cas). In 5 anni i governi Pd hanno dirottato su Milano circa 80,7 milioni, la cifra più alta (20 milioni) nel 2016 quand'era premier Matteo Renzi. «Con Lamorgese - avverte Bastoni - si rischia seriamente di tornare al passato, ai milioni di euro affidati a palate al Comune per il sistema dell'accoglienza. Dal 2014 al 2018, prima dei tagli di Salvini, la giunta Sala ha ricevuto ben 80 milioni redistribuiti al terzo settore tra progetti Sprar e centri di accoglienza straordinaria. Associazioni, onlus, fondazioni e consorzi che rappresentano una ben definita e storica area politica di riferimento. Le strutture che si sono lamentate di Salvini perché i fondi latitavano saranno accontentate di nuovo. Gli utili, sul business immigrazione, ritorneranno». Duro anche il capogruppo comunale e deputato della Lega Alessandro Morelli: «Il modello Milano é quello della mangiatoia che in tutta Italia ha fatto guadagnare milioni di euro a cooperative e società sul fronte della clandestinità mentre i risultati sull'integrazione sono sotto gli occhi di chiunque abiti fuori dalla Cerchia 90/91. Lamorgese é l'immagine plastica di questo governo, slegato dalla realtà». Anche il capogruppo regionale di Forza Italia Gianluca Comazzi sostiene che «il nuovo governo sta cercando di vendere il neo ministro dell'Interno come un profilo puramente tecnico ma le cose non stanno così. Sulla sua competenza nulla da dire, ma va ricordato che nel 2017 l'allora prefetto tentò di promuovere un patto per l'accoglienza dei migranti, rigettato da buona parte dei sindaci dell'hinterland milanese (anche a sinistra).
Molti lo vissero come una forzatura, considerato che in caso di diniego ci si sarebbe rivolti direttamente ai privati, bypassando i sindaci eletti. Se questo è l'approccio che il neo ministro intende tenere in tema d'immigrazione, temo che l'esportazione del tanto decantato modello Milano si rivelerà un clamoroso buco nell'acqua».
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