Rieccoli ancora insieme come trent'anni fa quando, entrambi ispirati dal genio poetico di Vinicius de Moraes, registrarono «La voglia la pazzia l'incoscienza l'allegria», un disco che ha segnato una pietra miliare per la musica italiana ma forse anche per quella brasiliana. Toquinho e Ornella Vanoni saranno accanto sul palcoscenico del Manzoni domani sera per il ciclo «Expo a teatro». La sera dopo, il chitarrista carioca tornerà in scena per un inedito duetto con Alex Britti.
Quello con Ornella, forse la miglior voce brasileira d'Italia, fu un disco magico. Tanta nostalgia?
«Quel disco rappresenta un documento lirico unico, realizzato dopo più di un anno di telefonate tra Italia e Brasile. Io e Vinicius scoprimmo che nell'espressione italiana le parole delle sue poesie si svelassero ancora di più, facendo trapelare tutta la loro forza. Mi riferisco soprattutto a brani come Samba della rosa , Samba in preludio , o Semaforo rosso ».
Che cosa ha cambiato quel disco per lei e per il pubblico italiano?
«Beh, rappresentò la prima grande apertura al mio successo in Italia che poi si consolidò con il disco Aquarello a partire dal 1983. Da allora in poi diventai un artista molto popolare nel Belpaese e una presenza quasi fissa nei vostri festival e anche in tv».
Con Ornella Vanoni ci fu un rapporto di amicizia oltre che di lavoro?
«Passai un mese intero ospite a casa di Ornella, una bellissima casa in via Appia a Roma che aveva un giardino enorme. Avevamo la massima disponibilità di tanti professionisti come Sergio Bardotti, grande studioso di lingua portoghese, che garantirono l'alta qualità del prodotto. Tutto si svolse nella più totale tranquillità e un'armonia che oggi, per un'incisione, sarebbero impensabili...».
Perchè sceglieste proprio Ornella? Con Vinicius formaste un trio straordinario...
«La sua presenza fu fondamentale per la riuscita del progetto, perchè proprio a lei si deve gran parte della popolarità e del prestigio della musica brasiliana in Italia. Precedentemente aveva ben interpretato brani di Roberto Carlos e Chico Buarque. Ornella si era molto appassionata alle canzoni mie e di Vinicius, così la scintilla tra noi scoccò quasi naturalmente. Quando terminò di registrare il brano La rosa spogliata , mi disse che mai avrebbe creduto di interpretare così velocemente tutto il pathos di quella musica così struggente. Ricordo che finì la registrazione con le lacrime. Oggi posso dire che per Ornella la voce è davvero la traduzione dell'anima...».
Com'era invece il rapporto con Vinicius, l'anima del disco?
«Ho convissuto con lui per oltre dieci anni, dai 22 ai 33, e posso dire sia stata una persona fondamentale per la mia vita, tuttora più presente che mai. Mi ha insegnato tutto come professionista e come uomo, un'esperienza di cento canzoni in cui ho imparato come muovere le parole, trovare una rima, una frase o una melodia perfetta...».
Oggi sei tornato in Italia, sei l'unico artista brasiliano ad aver scelto come patria il nostro Paese, perchè?
«Amo l'Italia anche perchè sia mio padre che mia madre hanno radici italiane. Da quando ho messo piede per la prima volta nella vostra terra, mi sono sentito un suo figlio, sempre accolto con affetto e rispetto. Ma non credo di aver scelto io l'Italia, piuttosto ho avuto la fortuna di essere stato scelto da voi italiani...»
Nei brani Toquinho ha
sempre messo in primo piano la chitarra. Si considera più musicista o cantautore?«La chitarra rimane la prima cellula della mia artemusicale, la base di tutto e non smetto mai, con lo studio, di perfezionare la mia tecnica».
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