Avrà pure ragione chi sostiene, forte delle ultime verità della fisica, che il tempo non esiste ed è solo una nostra invenzione. Ma come si fa a crederci sul serio di fronte all'implacabile ticchettio di un orologio, simbolo dell'umana caducità e dell'infinita vanità del tutto? Lo metteva già nero su bianco il raffinato poeta barocco Ciro di Pers, in pieno Seicento: «Mobile ordigno di dentate rote, lacera il giorno e lo divide in ore, ed ha scritto di fuor: Sempre si more». E la magia è compiuta, perché leggendo questi versi sembra proprio di trovarsi davanti a uno degli splendidi pezzi in esposizione al Poldi Pezzoli, protagonisti della rassegna «Il tempo degli orologi», che fino a fine marzo -in collaborazione con Pisa Orologeria- permette di ammirare da vicino, e approfondire con un ricco calendario di incontri, la nuova collezione orologiera del Museo, che dopo le ultime donazioni, i 90 tesori dell'appassionato genovese Luigi Delle Piane (1877-1965) e ben 100 chiavi di carica d'epoca di Alfredo Zanotelli, è diventato il più importante in Italia e uno dei principali in Europa in questa nicchia. In tre sale si racconta la storia della misurazione del tempo dalle meridiane al Novecento, fra evoluzioni tecniche e cambiamenti di mode e stili. Perché da sempre l'orologio è anche uno status symbol, che dice molto sulla persona che lo indossa. Oltre alla raccolta di meridiane portatili e orologi solari di Piero Portaluppi (circa 200 pezzi) e alla Sala Orologi, con più di 120 esemplari dal Rinascimento all'Ottocento donati da Bruno Falck nel 1973, la collezione si arricchisce di un terzo spazio che in dieci vetrine mette in mostra preziosi segnatempo da persona, con tutto il fascino degli antichi calibri d'alta scuola: da Germania e Inghilterra arrivano orologi rinascimentali in ottone dorato, dalla Francia manufatti barocchi in cristallo di rocca e ciondoli in oro, smalto e pietre dure che custodiscono meccanismi in miniatura. Di grande pregio una tamburina tedesca di metà Cinquecento, impreziosita con figure di animali. Ma è il Seicento l'epoca d'oro delle decorazioni, come quelle del capolavoro di Jacques Goullons realizzato a Parigi alla metà del secolo. A renderlo unico è la cassa miniata da Robert Vauquer con scene tratte dalla Battaglia di Costantino e Massenzio di Giulio Romano. Fra i gioielli svizzeri di Sette-Ottocento gli intenditori riconosceranno i nomi che hanno fatto la storia dell'orologeria, come quello di Abraham Louis Breguet (1742-1823), capostipite della storica maison di L'Abbaye. Si torna agli albori dei movimenti meccanici, con un raro esemplare di perpetuelle automatico risalente al 1785.
Fra le curiosità non mancano il «Lover's eye», occhio di un amante clandestino, e uno dei primissimi «ore del mondo», un universale «à remontoir» di inizio Novecento che indica l'ora di 43 città. Molti gli approfondimenti a tema: dagli aperitivi del mercoledì sera con maestri artigiani, ai giovedì con collezionisti e restauratori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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