Regione contro burkini Ecco le mosse studiate per difendere le donne

Maroni: «È in contrasto con i nostri valori» Premi a stabilimenti e piscine che lo vietano

Alberto Giannoni

Dopo il no al burqa, guerra al burkini nelle piscine. La Regione Lombardia non si tira indietro. Dopo aver introdotto il divieto di entrare in uffici e ospedali con la mortificante veste che copre interamente il corpo femminile, la giunta guidata da Roberto Maroni è pronta a impegnarsi nuovamente sul fronte dei diritti delle donne. Il caso del giorno si chiama «burkini», il discusso costume da bagno che la Francia ha già messo al bando in undici comuni, e due gruppi regionali, Lega e Fratelli d'Italia, hanno già annunciato la presentazione in Consiglio di una mozione che impegni il governo regionale a studiare misure in tal senso.

Il governatore è d'accordo con lo spirito di queste iniziative e lo ha fatto sapere ieri al meeting di Comunione e liberazione a Rimini: «Il primo ministro Valls - ha commentato, parlando della Francia - non è un lepenista, ma lo ha vietato perché contrasta con i nostri principi e i nostri valori, non per ragioni di ordine pubblico. Infatti è una questione più generale, legata alla cultura, alle radici cristiane, al nostro modo di vivere: io condivido questa visione, mentre il governo italiano sottovaluta, per ragioni ideologiche, un problema serio che rischia di esplodere anche in Italia».

La squadra di governo di Maroni è complessivamente propensa ad affrontare la questione. «Siamo pronti a studiare gli strumenti più idonei», dice l'assessore Viviana Beccalossi, che ha messo a punto la legge «anti-moschee». La collega delegata all'immigrazione, Simona Bordonali, in un'intervista col Giornale ha osservato che il caso potrebbe essere affrontato da un punto di vista sanitario. Il titolare della Sanità, l'azzurro Giulio Gallera, si mostra più freddo: «Da assessore alla sanità - dice - quando mi verranno sottoposti problemi di rilevanza sanitaria li valuterò con l'attenzione che meritano. Dal punto di vista personale, da liberale, trovo che il dibattito sia un po' agostano, non mi appassiona la discussione su come si va in spiaggia. Contrasto al terrorismo e difesa dei nostri valori si fanno su altri piani e in altri modi». A settembre, come detto, si dovranno sciogliere questi nodi. Maroni è convinto. Parlando del cancelliere tedesco, Angela Merkel, secondo la quale il «burka è un ostacolo all'integrazione», ha commentato: «Benvenuta Merkel, noi lo abbiamo detto un anno fa». Sul burkini potrebbe esserci la stesa impostazione (e decisione). Il consigliere leghista che ha annunciato la mozione, Fabio Rolfi, presidente della commissione Sanità, avverte: «Il burkini non è solo un costume ma un obbligo derivante dalla legge islamica che nell'islam è anche legge civile, legge che regola i rapporti civili e la vita sociale. Accettarla significa aprire lo spazio ad un ordinamento islamico a casa nostra». E spiega che potrebbero esserci due strade per centrare l'obiettivo. «Oltre agli spazi su cui la Regione può intervenire direttamente - chiarisce - dal punto di vista igienico-sanitario potremmo chiedere alle società che gestiscono gli impianti o le piscine di introdurre con regolamento il divieto di balneazione con indumenti che non sono costumi. Attraverso la concertazione». Altro strumento potrebbe essere «la premialità».

«Ci sono bandi regionali con risorse per la promozione turistica, per esempio - spiega Rolfi - e si potrebbe dare più punti a chi prevede questo tipo di misure. Un po' come è stato fatto per contrastare le slot nei locali».

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