Rifiuti tossici, la procura "scava" sotto Santa Giulia

La Finanza acquisisce i documenti sulla bonifica di Montecity: l’ipotesi è che materiali pericolosi siano ancora sotto terra In quell’area sorgeva uno stabilimento della Montedison che ha scaricato pesticidi, coloranti e sostanze chimiche

Enrico Lagattolla

Non solo fondi neri, orologi, bustarelle. Nell’indagine della Procura milanese sull’affare Santa Giulia c’è dell’altro, ed è qualcosa di potenzialmente ancora peggiore, perché di mezzo c’è la salute di chi già abita o lavora nei palazzi sorti sull’area del vecchio stabilimento Montedison di Rogoredo, e di coloro che vi andranno ad abitare se andrà in porto il piano delle banche per rilanciare l’operazione immobiliare. Il tema è il reale stato di salute dei terreni su cui i palazzi stanno sorgendo. Le indagini puntano a capire se la bonifica dell’area sia stata eseguita a regola d’arte, analizzando in profondità le condizioni in cui era stata lasciata da decenni di lavorazioni chimiche e di scarichi «allegri». O se invece le tonnellate di rifiuti tossici e nocivi provenienti da Rogoredo e smaltiti in Germania costituissero solo il primo strato dell’avvelenamento. E che lì, sotto il cantiere, ci sia ancora dell’altro.
L’esistenza del nuovo fronte di indagine viene allo scoperto nei giorni scorsi, quando la Finanza si rivolge alla Provincia di Milano per ottenere la documentazione relativa alle modalità con cui venne preparato il «piano di caratterizzazione», come si chiama tecnicamente la fase iniziale della bonifica. Ma già durante le indagini preliminari, nel corso degli interrogatori, i pm Laura Pedio e Gaetano Ruta erano andati a scavare su questo fronte. Anche perché indagata (e poi arrestata) insieme a Giuseppe Grossi, il protagonista della presunta bonifica di Santa Giulia, c’è una che queste storie dovrebbe conoscerle bene: Cesarina Ferruzzi, oggi nello staff di Grossi, ma a lungo esperta di rifiuti tossici per conto di Montedison, cioè della società che era la vecchia proprietaria dell’area, che poi la cedette a Luigi Zunino e che si è accollata il costo della messa in sicurezza.
La Ferruzzi, insomma, dovrebbe conoscere bene cosa accadde lì sotto: ma più di raccontare che «la Edison aveva un vecchio stabilimento chimico, quindi c’erano da smaltire pesticidi, coloranti e rifiuti chimici» non va. Parla di una vecchia bonifica eseguita nel 1988 da Ecodeco (oggi confluita in A2A, la società di servizi ambientali controllata dai Comuni di Milano e Brescia). Il gruppo di Grossi, dice, interviene successivamente, quando «si trattava non di bonificare ma di trasporto e smaltimento dei rifiuti. La bonifica è un’attività diversa e più ampia, in questo caso è avvenuta molti anni prima ad opera di altre società, ma visto che all’epoca non vi erano gli attuali limiti legislativi la Santa Giulia (cioè Zunino, ndr) ci ha chiesto di procedere a un’ulteriore attività di smaltimento che abbiamo appunto svolto noi. Dovevamo analizzare le aree scavate, vedere se erano inquinate e in caso positivo smaltire i rifiuti Abbiamo preparato delle tasche di contenimento e svolto le analisi».
E poi la frase cruciale: «Tutto è avvenuto in contraddittorio con gli enti pubblici di controllo e con i tecnici incaricati da Santa Giulia». “In contraddittorio”, dice la Ferruzzi, cioè - in teoria - sotto il controllo. Peccato che uno dei soggetti che devono controllare l’operato di Grossi in questa fase sia Santa Giulia Spa, cioè la società di quel Luigi Zunino che - secondo le accuse della Procura - ha spartito con Grossi i giganteschi fondi neri creati truccando la bonifica. E quindi l’unico controllo effettivo sulla bonifica-bis sia stato - sempre in teoria - quello degli enti pubblici.


Chi era presente, in che ruolo, con quali risultati? È questa la domanda cui il nuovo fronte dell’indagine cerca una risposta: anche perché se c’è qualcosa - di questa complessa indagine - che ormai è chiara, è che nel mondo delle bonifiche ambientali la divisone dei ruoli non esiste, le stesse persone - una per tutte Claudio Tedesi, il superspecialista che ha diretto i lavori per la bonifica di Santa Giulia - che oggi lavorano per conto dei privati domani ricoprono incarichi pubblici, e frotte di pubblici ufficiali - sindaci, assessori comunali e regionali, curatori fallimentari - sono legati da rapporti oscuri a chi tiene in mano le chiavi della gigantesca cassa.

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