Sono circa 60mila i pazienti cronici lombardi che hanno aderito al momento alla riforma, pari quindi all'8,44 per cento dei «cronici» in Lombardia che ammontano a 3,3 milioni. Tradotto? Pazienti che hanno sottoscritto il cosiddetto Patto di cura o che hanno prenotato l'appuntamento per intraprendere il percorso di presa in carico. In totale, tra gennaio e maggio, Palazzo Lombardia ha spedito oltre 3 milioni di lettere per spiegare ai pazienti cronici il nuovo meccanismo di presa in carico sul territorio previsto nella riforma del sistema socio-sanitario. Di questi 257.998 hanno attivato la presa in carico (Pic) o manifestazioni di interesse, con 140.724 piani di assistenza individuale (Pai) sottoscritti. In questi dati, però, sono conteggiati gli 81mila pazienti che avevano già un piano attivo. Numeri che l'assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera, considera un successo: «Potremo fare un primo bilancio della riforma a dicembre quando saranno passati alcuni mesi, ma è un lavoro che finalmente è partito e che mi trova profondamente soddisfatto». Anche perché le ultime lettere «sono arrivate ai pazienti a metà maggio». Per la fine del 2018 sulle prese in carico «l'obiettivo è di attestarci su 700/800mila pazienti, sarebbe un risultato straordinario».
Quale è l'iter? Una volta che un paziente sceglie di aderire al nuovo percorso di presa in carico da un ente gestore, ovvero da una struttura ospedaliera, è prevista la sottoscrizione del patto di cura e la redazione di un piano di assistenza individuale. Un medico gestore, quindi organizza i servizi sanitari e sociosanitari, per rispondere ai bisogni del singolo paziente, programmando prestazioni ed interventi di cura, prescrivendo le cure più appropriate, alleggerendo così il paziente dalla responsabilità di prenotare visite ed esami.
A Milano la percentuale di presa in carico dei pazienti cronici è al 6,39 per cento, più bassa della media regionale. Mentre i medici di base che hanno aderito sono circa il 25 per cento in Lombardia - secondo i dati dell'Ordine dei Medici di Milano-ovvero il 19 per cento su Milano e provincia. Perchè tutta questa resistenza da parte dei medici di base? «Le delibere sulla cronicità prevedono che il medico di base - spiega Roberto Rossi, presidente dell'Ordine - il medico perde la sua funzione di punto di riferimento per il paziente, diventando solo un passacarte: si dovrebbe occupare solo di redigere il Pai, indirizzando il malato, di cui conoscere tutta la storia anamnestica solo per gli episodi di acuto». Dello stesso parere Carmela Rozza, consigliere regionale (Pd) della Commissione Sanità, un passato da infermiera che sostiene che «la riforma andrebbe ricentrata sulla figura del medico di famiglia che dovrebbe fare la regia e confrontarsi con il pull di specialisti di riferimento per il paziente. È giusta l'intuizione della riforma, che però va ricalibrata sulla figura del medico di base».
«Servono più investimenti per far funzionare il nuovo sistema - spiega Stefano Carugo, tra i padri della delibera sulla cronicità - assumendo in ospedale in 10 per cento in più di medici delle discipline specialistiche prevalenti ovvero cardiologia, pneumologia, medicina interna e nefrologia. E più fondi per le sovrastrutture, ovvero i gestori. Molti si lamentano - conclude - che 35/40 euro stimati per paziente sono insufficienti. È chiaro che per valutare la bontà della riforma serviranno almeno 5 anni perché possa entrare a regime». Giovanna Scienza, vicepresidente di Medici Insubria, una delle cooperative di medici lombarde che offrono un servizio di assistenza completa al paziente cronico, è soddisfatta: «Abbiamo iniziato ora la fase di relazione con gli ospedali del territorio: sta funzionando e siamo sicuri che i numeri continueranno a crescere».
L'assessore Gallera ha
poi spiegato che sono stati «costituiti due tavoli: uno con le cooperative per valutare aspetti informatici e regolamentari, l'altro con gli ordini dei medici per trovare delle modifiche» che possano migliorare la riforma.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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