San Vittore, fine emergenza Tanti detenuti quanti posti

Dopo anni di sovraffollamento le 880 persone rinchiuse in cella corrispondono al numero di reclusi previsto dalle normative

Per il sistema carcerario la parola «sovraffollamento» è come il termine «crisi» per l'economia. Un concetto passepartout che serve più a chi lo pronuncia per darsi un tono di competente attualità che alle sorti di carceri e economia. Per quanto riguarda i luoghi di pena sempre al centro di eventi e polemiche, ce ne sono alcuni che si danno da fare per rendere a misura d'uomo la giornata di un detenuto. Da dieci anni direttrice di San Vittore, prima donna a sedere in quell'ufficio dalla nascita del carcere, la riminese Gloria Manzelli cerca di fare della casa circondariale una struttura nella quale si preme preferibilmente il tasto sulla parola «casa» che sull'attributo «circondariale», favorendo attività all'interno che infondano alla reclusione uno spiraglio sempre più largo di vita.

Si può parlare di sovraffollamento a San Vittore? «Oggi come oggi no. Noi contiamo circa 875 posti e quasi altrettanti sono i detenuti attualmente, visto che sono 880. Le loro necessità di spazio sono in piena linea con quelle previste dai diritti dell'uomo secondo le normative della comunità europea. Teniamo presente che, essendo San Vittore una casa circondariale, le entrate e le uscite si succedono con maggiore rapidità rispetto a un carcere normale».

Diversamente da altri istituti di pena, il grande complesso che si apre nel pieno centro di Milano punta sull'ottimizzazione di due fasi della detenzione: l'accoglienza iniziale, che corrisponde alle fasi processuali del detenuto e l'accompagnamento verso il carcere definitivo in cui il soggetto continuerà la pena.

«Dopo che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha sanzionato il nostro Paese in tema di diritti carcerari, l'Italia ha risolto i disagi accusati dalla pronuncia Cedu e grazie agli interventi normativi e giurisprudenziali ha ridotto le pene detentive per i reati di minor pericolo sociale, fatto che ha diminuito le presenze nelle carceri. L'anno scorso abbiamo avuto mille persone in meno, per cui non posso lanciare l'allarme congestione per San Vittore perché è un problema che non esiste. Oggi noi siamo impegnati soprattutto a sostenere progetti con associazioni per coinvolgere uomini e donne in attività lavorative, molto importanti per il recupero delle persone».

Approdata a San Vittore nel 1991 come braccio destro dell'allora direttore Luigi Pagano, Gloria Manzelli prende dopo qualche anno il suo posto con dolcezza e determinazione, sentendo solo un disagio: la nostalgia del mare di Rimini. Ha sempre espresso una visione «aperta» di questi moloch pieni di sbarre e sbarramenti, tanto da essersi sempre dichiarata a sfavore della pena carceraria ai tossicodipendenti, che dopo l'arresto dovrebbero essere dirottati in comunità.

«Invece di parlare di congestione delle carceri, dovremmo lanciare un'altra priorità: favoriamo la nascita di progetti che impieghino i carcerati in lavori socialmente utili. Milano è una città che si colloca al centro di un trafficato crocevia europeo. È meta di notevoli flussi immigratori che favoriscono purtroppo la malvivenza, perché non può assorbire in modo corretto tutte le persone che arrivano qui. La devianza ha percentuali anomale, per questo una casa circondariale come San Vittore deve progettare una modalità di vita interna che riesca a favorire nei detenuti quegli aspetti positivi che da uomini liberi non hanno potuto esprimere in un contesto a loro ostile, visto che la maggioranza sono stranieri condannati per reati di non grave entità».

A San Vittore c'è un servizio d'ascolto per gli uomini che hanno compiuto violenza sulle donne.

Un gruppo di detenute, guidate da Renata Discacciati, stampa un giornale, Oltre gli occhi , in cui si raccontano storie di vita. Si fanno corsi di teatro, per far capire che la vera prova per un carcerato è quella di eliminare, grazie alla crescita della parte migliore del suo carattere, il lato peggiore. Il dolore insegna solo se è giusto.

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