Sea, una bomba dall'Ue «Restituisca 360 milioni»

Sea, una bomba dall'Ue «Restituisca 360 milioni»

Se la Sea fosse stata quotata in Borsa - obbiettivo mancato solo poche settimane fa - ieri il titolo avrebbe tremato: da Bruxelles è arrivata infatti la notizia che la Commissione europea ha giudicato aiuti di Stato le risorse trasferite da Sea spa alla controllata al 100% Sea handling; si tratta di 360 milioni, versati a ripianamento di perdite tra il 2002 e il 2010, che ora Bruxelles intima di restituire alla società-madre. Il presupposto di tale giudizio è che il capitale di Sea è a maggioranza pubblica, e che quindi le risorse versate hanno alterato la concorrenza. Ricordiamo che Sea handling - circa 2.200 dipendenti, ricavi per 129 milioni nel 2011, una perdita di 2,2 - svolge attività di terra (servizi ai passeggeri, carico e scarico bagagli, assistenza e pulizia degli aerei in sosta), è nata nel 2002 dopo la liberalizzazione del settore ed è rimasta per molti anni in rosso, fino al recente risanamento.
Va detto che il Prospetto informativo pubblicato in occasione del (mancato) collocamento in Borsa illustrava, tra i rischi, anche l'eventualità di un verdetto negativo su questo tema. L'indagine Ue fu aperta nel 2006, ma sembrò che alla fine sarebbe stata archiviata con un nulla di fatto. Invece fu rinvigorita da un reclamo del concorrente Ata handling, società del gruppo Aqua marcia appartenente a Francesco Caltagirone Bellavista, indagato per truffa ai danni dello Stato per le vicende legate al porto di Imperia.
La Sea ieri ha reagito con sorpresa e dispetto, annunciando ricorso. Segnala l'assurdità (e l'ininfluenza) di una restituzione di capitali all'interno del perimetro del gruppo, cioè da Sea handling a Sea spa. Sottolinea che gli sforzi e le risorse dedicati a Sea handling sono riusciti a risanare una società in prolungata perdita. Segnala che anche a Parigi e Francoforte dovrebbero essere aperte indagini dello stesso tenore. E, soprattutto, intende smontare la tesi degli aiuti di Stato sostenendo che, nello stesso periodo in cui 360 milioni andavano a ripianare le perdite di Sea handling, 550 milioni venivano versati come dividendi a Comune e Provincia di Milano, principali azionisti della società. In altre parole: non è entrato denaro pubblico, ma è uscito denaro a favore del pubblico. La tesi dell'Ue, invece, è che il denaro di una società a controllo pubblico è servito a risanare una società operante sul mercato, la quale senza quelle risorse non sarebbe riuscita a sopravvivere.
Ieri Carmen Zizza - ad dell'Asam, società attraverso la quale la Provincia detiene il 14,56% della Sea - si è detta fiduciosa sull'interesse per l'acquisto della quota messa all'asta dopo il fallimento della quotazione in Borsa della Sea.

Il termine è fissato al 27 dicembre, il prezzo è di 4,4 euro ad azione, circa 160 milioni, ma sono previste anche offerte al ribasso. Parteciperà sicuramente il fondo F2i che lo scorso anno ha acquistato dal Comune di Milano il 29,5% del capitale Sea, diventandone il secondo azionista.

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