Sei medici nei guai per la morte di una donna

C'è voluta un'ampia convergenza di colpe perché la signora Silvana Bisagni perdesse la vita a settantuno anni, tre mesi dopo essere stata operata al cuore al Monzino, l'istituto cardiologico di Ponte Lambro. É servito prima che dei germi la infettassero in sala operatoria: e questo, purtroppo, accade con una certa frequenza. Ci sono stati poi quattro medici dello stesso Monzino, che non l'hanno sottoposta agli esami che avrebbero segnalato l'infezione. E a chiudere il cerchio hanno provveduto poi due medici del San Raffaele che, quando la povera signora si è presentata al Pronto soccorso, l'hanno dimessa con una prognosi sballata.
Questa è la ricostruzione dei fatti operata dal pm Ferdinando Esposito indagando sulla denuncia presentata dai familiari di Silvana Bignami. Così nei giorni scorsi la Procura ha notificato l'avviso di fine indagini ai sei medici del Monzino e del San Raffaele accusati di concorso in omicidio colposo. E sul banco degli imputati il pm si prepara a portare anche gli ospedali. A uccidere la donna furono uno «shock settico e Mofs (Multiorgan failure syndrome) scatenato da endocardite precoce da ceppo batterico da infezione nosocomiale».

Ai medici del San Raffaele viene contestato di avere dimesso la signora con la diagnosi di «vertigini periferiche non specificate» mentre a quelli del Monzino si rimprovera che «negligentemente non presero nella dovuta considerazione il fatto che la strategia attendista da loro adottata aveva impedito una efficace diagnosi».

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