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La sinistra in cortocircuito per Gori sfida 2018 in salita

Pd in crisi verso le regionali. I civici: «Niente primarie» E il candidato non ha incassato «sì» nella sua Bergamo

La sinistra in cortocircuito per Gori sfida 2018 in salita

Tanto per gradire. Alle undici del mattino il segretario lombardo del Pd Alessandro Alfieri dichiara «senza tema di smentita» che «venti punti di distacco tra la Lombardia e il Veneto ci fanno dire che il referendum per Roberto Maroni è stato un flop». Esprime comunque «grande rispetto per chi è andato a votare, fra questi ci sono anche persone che si riconoscono nel Pd». Uno, per dire, è il sindaco di Bergamo Giorgio Gori che ha fondato un (ondeggiante) comitato per il sì e che si prepara alla sfida contro Maroni alle Regionali 2018 come candidato del Pd. Partiamo bene. Una smentita via web ad Alfieri arriva dall'ex presidente della Provincia Filippo Penati, politico di lungo corso che ha «ascoltato in tv le dichiarazioni del governatore del Veneto Luca Zaia a commento dei risultati che sono, anche per quanto riguarda la Lombardia, tutt'altro che liquidabili come un flop. Sbaglia chi non vede che oggi è successo qualcosa che la politica, anche nazionale, non potrà ignorare». Colpito e affondato.

Il centrosinistra si è spaccato in tre posizioni diverse prima del referendum - Gori e Sala tra i sindaci del sì, il ministro bergamasco Maurizio Martina e Alfieri hanno predicato l'astensione o caldeggiato il fronte del no - e il giorno dopo non sorprende che sulla lettura dei dati vadano in ordine sparso. Coglie forse l'unico dato utile dalle urne per la coalizione l'assessore comunale dem Pierfrancesco Majorino: «L'unica cosa certa è che le regionali saranno durissime. Se si vuole competere bisogna essere uniti e molto chiari. Senza regalare altro tempo». Appunto, nel cortocircuito post referendum ieri la sinistra ha infila subito la questione primarie per la Regione. Mancano se va bene cinque mesi al voto e il Pd non vorrebbe perdere altro tempo per lanciare Gori, nonostante la performance di questi giorni. La sua posizione sul quesito non è stata gradita dai colonnelli del Pd e il sindaco ha provato a destreggiarsi in modo poco convincente tra la campagna per il sì e la linea del partito. Risultato? «Credo che se non ci fosse stato il lavoro dei sindaci di centrosinistra il risultato sarebbe stato peggiore, credo insomma di aver contribuito a salvare il risultato e spero che Maroni riapra i giochi» ha dichiarato ieri. La replica a Gori sta nei numeri: la provincia di Bergamo è quella in testa per affluenza in Lombardia, il 47,37% è andato alle urne contro il dato regionale del 38,26%. Ma nella città di Bergamo l'andamento è in controtendenza: ha votato il 35,97% ossia undici punti sotto la media della provincia e due in meno della media lombarda. Si fatica a cogliere il grande lavoro del coordinatore dei sindaci del Pd per il sì. É il fanalino di coda la città metropolitana di Milano, con il 31,23% dell'affluenza e ancora più giù il capoluogo dove hanno partecipato al voto il 26,41% degli elettori (267.426 milanesi) e i no sono stati 17.368 (il 6,49%). Tra gli astensionisti l'altro sindaco «forte» del sì, Beppe Sala. Sul tema primarie «se serve ad allargare la coalizione a Mdp ben vengano - ha dichiarato ieri Alfieri - ma chiudiamo entro questa settimana, l'ultima data utile per il voto è il 3 dicembre. Noi il candidato lo abbiamo».

Per i civici delle liste Noi Milano il tempo massimo è già passato: «Siamo stati tra i promotori attivi delle primarie che portarono alla scelta di Beppe Sala e tra i primi a sollecitare Gori ad accettare una candidatura a cui non si è contrapposto nessuno. La richiesta di primarie oggi è assolutamente tardiva e siamo contrari, sarebbero una perdita di tempo col rischio di disunire invece di rafforzare la coalizione. Concentriamoci su Gori».

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