di Giannino della Frattina
La giustizia va applicata, ma quanto possono andare strette le regole della pubblica amministrazione a un manager cresciuto nella cultura del privato. Perché la colpa del sindaco Sala nella vicenda Expo è di avere agito più da dirigente d'azienda che da pubblico amministratore. Magari sottovalutando clamorosamente l'importanza delle forme e la necessità di farle prevalere sulla sostanza, anche di fronte a un risultato (pubblico e non privato) da raggiungere a ogni costo. Come testimonia il fatto che chiosando la sua condanna a 6 mesi, siano gli stessi magistrati ad accordargli più una medaglia che un'attenuante, riconoscendogli di «aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale». E allora c'è da immaginare il dilemma di un manager che pur avendo già lavorato nel pubblico come direttore generale del Comune di Letizia Moratti, di fronte alla missione (perché di questo si trattava) di realizzare l'Expo, si è fatto vincere dalla sua natura di manager. Per fortuna per Milano e l'Italia, verrebbe da dire anche di fronte alla condanna di ieri. Che non si poteva evitare, ma che porta in sé il balsamo seducente di una prescrizione vicina. Perché il falso fu commesso e il tentativo di farlo rientrare nella categoria del «falso innocuo» era coraggioso, ma quasi disperato. Anche se è pacifico che Sala non abbia tratto alcun vantaggio personale, né abbia arrecato vantaggi o danni ad altri. Perché se così fosse, staremmo parlando di reati ben diversi e più gravi.
Ora Sala può accontentarsi della prescrizione che a novembre inghiottirà tutto o rinunciare e affrontare l'appello. Conoscendo l'impulsività orgogliosa dell'uomo, non si può escludere che voglia imboccare questa seconda strada. Ma a quel punto toccherebbe ai suoi legali ricondurlo a forse più cauti consigli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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